La milanese Micol Martinez, a due anni di distanza, pubblica il suo secondo album, forte del buon successo del precedente Copenaghen, perseguendo la strada di un cantautorato al femminile intimo e connotato da una marcata impronta acustica, sound nel quale la cantautrice mostra di muoversi a proprio agio, di volta in volta toccando territori più folk pop o sonorità più prettamente “etniche”. È in quest’ultima forma che i brani incidono maggiormente. L’iniziale Haggis si destreggia fra controtempi di percussioni e un azzeccato cambio armonico nel ritornello e Nel movimento continuo accosta influenze quasi irlandesi che si riversano quasi noise in cui la parte del leone la fa il violino di Marco Sica, al pari che nell’episodio successivo (A filo d’acqua), anch’esso ben costruito dal punto di vista ritmico, dalla partenza sospesa e zoppicante sino alla successiva distensione realizzata con tessiture di tromba (l’ottimo Raffaele Kohler) e violino. In uno strano ibrido fra il primo Marco Parente, qualche reminiscenza di Cesare Basile e della giovane Nada, la Martinez, se da un lato opta coraggiosamente per un cantautorato un po’ meno consolatorio della media, dall’altro, non possiede la carica eversiva né i lampi di geniale visionarietà lirica né il congenito malessere esistenziale che ispirano i suoi predecessori. Un barlume di follia in più, anche sotto la voce “testi”, non avrebbe fatto male, complice anche un utilizzo di una voce dal timbro sicuramente affascinante, ma che risulta quasi castigata nel registro medio. Di per sé, neanche i brani più radiofonici sono da buttare (in 60 secondi fa capolino addirittura la Carmen Consoli prima maniera), seppur con qualche eccesso melanconico (la ballata Questa notte) e un brano obiettivamente evitabile (la messicaneggiante L’alveare), che sembra uscito da film italiani dell’ultimo decennio visti troppe volte. E il disco, tirate le somme, non odora né di carne né di pesce: se gli arrangiamenti sono curati e i musicisti tutti di ottima levatura, quello che manca è forse proprio la scintilla emotiva che, pure, potenzialmente più di un brano aveva.
testi e musica: Micol Martinez | produzione artistica: Luca Recchia e Guido Andreani | registrato presso Cascina Martinez e BeatRice Home Studio con studio mobile da Luca Recchia e Guido Andreani | mixato da Guido Andreani presso BeatRice Home Studio | Micol Martinez: voce, cori | Luca Recchia: basso, organo, piano, shruti, kalimba, cori | Giovanni Calella: chitarra elettrica e acustica | Alessio Russo: batteria e percussioni | Marco Sica: violino | Raffaele Kohler: tromba e flicorno