A Poison Tree, così come il precedente Melville, esce per la Voodoo Rhythm. E questo dovrebbe bastare a certificare la qualità del disco dei torinesi Movie Star Junkies. L’etichetta svizzera fondata da Reverend Beat-Man è infatti una delle ultime roccaforti di un certo modo di intendere la musica, con una filosofia produttiva che ha pochi eguali nel mondo. I cinque piemontesi fanno ormai stabilmente parte di una famiglia di folli, di musicisti capaci di scavare nei lati più oscuri e malati del blues e del rock’n’roll, di gruppi che saranno sempre destinati ad essere dei veri e propri culti per pochi: difficile che i nomi dei Blood Brothers, di King Automatic o di John Schooley possano dire qualcosa al grande pubblico, e spesso nemmeno a molti appassionati. Probabilmente nemmeno i Movie Star Junkies riusciranno mai a superare lo status di band di culto. Forse è meglio così (eccetto che per il loro conto in banca): il quintetto piemontese fa infatti dischi troppo intelligenti, troppo ricchi, troppo legati a un’idea di musica lontana anni luce da ciò che va per la maggiore oggi, anche in ambito indipendente, figuriamoci in quello mainstream. A Poison Tree è un viaggio psichedelico che dura poco più di mezz’ora, otto canzoni che viaggiano in un mondo oscuro ed insano, tra murder ballads alla Nick Cave, echi morriconiani, tex-mex e garage ubriaco in arrivo direttamente dagli angoli più psicotici degli anni ’60.
Difficile trovare il momento migliore in mezzo a tanta ricchezza di suoni ed idee: forse la prima traccia, Under The Marble Faun, tre minuti di assalto garage-blues psichedelico con batteria marziale e suggestioni western, veramente devastante. Oppure The Wallnut Tree, con la sua andatura tra country e 60’s, o la caracollante title track, che richiama alla mente i Bad Seeds più oscuri, o Leyenda Nera, che emerge da una melma inquietante, nera e dissonante senza mai raggiungere la piena luce, ma fermandosi da qualche parte tra i Cramps, che luminosi non sono mai stati, e dei fiati da funerale. O forse l’epico brano conclusivo, All Winter Long, sette minuti che sono in pratica la summa di ciò che i Movie Star Junkies sono e sanno fare: un rullo compressore che prende il rock’n’roll e ne fa ciò che vuole, facendolo passare dall’oscurità alla luce e viceversa, giocando con dissonanze e assonanze, prendendo l’ascoltatore e portandolo all’interno di un mondo incredibile, di un grande disco, di un ascolto appagante dalla prima all’ultima nota.