I No Kids sono più del settanta per cento dei P:ANO, sorta di collettivo canadese stanziato a Vancouver che ha dato vita ad un consistente numero di side projects molto diversi tra loro, incluse le escursioni lo-fi di to bad catholics e lo straordinario (lolli)pop orchestrale dei Gigi. Julia Chirka, Justin Kellam e Nick Krgovich sono il nucleo di questo nuovo esperimento sui margini del pop che ha conservato solo alcuni punti di contatto con la discografia dei P:ANO rivelandosi come il progetto più sorprendente tra quelli sviluppati da Nick Krgovich. Il primo segnale è l’interesse di Tomlab, già manifestato con la pubblicazione di alcune tracce dei P:ANO in una serie di raccolte e l’inclusione di una traccia dei No Kids all’interno di Puppy Love, la compilation che celebrava il decennale dell’etichetta. Come Into My House con un titolo che dichiara amore per un classico di Queen Latifah si adatta perfettamente alla produzione de-genere della label tedesca attraverso una miscela vertiginosa di influenze che non rischia neanche per un minuto la deriva verso uno sterile eclettismo. Superata l’esplorazione orchestrale di great escape, che semina alcune delle radici presenti nella musica dei No Kids con un incedere marziale vicino alle orchestre nordiche di efterklang, è For Halloween che dispiega un mix letale di R’n’B anni 80, beatboxing ammorbidito da un’anima swing sospesa nel tempo e astrazioni orchestrali; uno spettro compositivo molto ampio che al contrario si presenta in un guscio pop dalla notevole potenza comunicativa, e prosegue con the beaches all closed, drum machine, glitchtronica, complesse diffrazioni ritmiche, Mariah Carey annichilita in un doppio chirurgico e terrifico e ancora l’asse creativo del Pop svedese e il new soul anni 80 in bluster in the air, il minimalismo orchestrato di Sufjan Stevens in i love the weekend brano che muta progressivamente in una fusione emozionale di soul, avant. pop verso un incedere bandistico che è forse il punto di contatto più forte con i P:ANO di Brigadoon; da qui c’è una cesura che separa dal resto gli episodi apparentemente più folk di Come Into My House, la divertita four freshmen locked out as the sun goes down che omaggia nel modo probabilmente più diretto possibile quel blend che prende dai Jazz ensambles vocali degli anni ’20 e soprattutto la splendida old iron gate filiazione del brano precedente decostruito con la forza battente di un handclap pop, un sistema multilivello di percussioni etniche e un flauto Jazz che espande la visione del brano. L’episodio più debole è probabilmente il country lussuoso di Dancing in the stacks, rilassamento lineare tra due episodi bellissimi, l’r’n’b di listen for it/ courtyard music con il singing più ardito e free di tutto l’album, tra ripetizione dancefloor e armonizer, e neighbour’s party, un attacco pop fulmineo che cresce in verticale tra orchestra e voci e si chiude con un’idea di potenza cinematica azzerando suono e movimento. La chiusura di The puddle si abbandona all’autoindulgenza di piano e archi impegnati a disegnare due percorsi che oscillano tra visioni classiche, le ampiezze orchestrali di certo pop britannico e la guida ideale di Arthur Russell, azzeccatissimi titoli di coda per l’esordio davvero straordinario di un gruppo di musicisti che attraversa i tempi e le influenze più stridenti con una rarissima capacità di sintesi e con l’amore dichiarato per i melò di Douglas Sirk, architetto di magnifiche ossessioni che i No Kids indicano come unica influenza possibile e citano attraverso il songtelling di Nick Krgovich e le visioni di gelido pop disegnate da Alex Katz.