Con Dio c’è, i Numero 6 – Michele Mezzala Bitossi, autore di tutte le canzoni, Andrea Calcagno, Pietro Bosio, Federico Lagomarsino, Tristan Martinelli, Stefano Piccardo – realizzano, con esiti alterni, il loro disco più pop. Il gruppo genovese prova a suscitare empatia nell’ascoltatore attraverso testi che parlano con semplicità (forse eccessiva) del quotidiano, cori pastosi, arrangiamenti che, in particolare nella title track e in Domatore di coglioni, riportano alla mente gli 883. Mi arrendo e, soprattutto, il singolo Fa ridere indovinano il ritornello che rimane appiccicato alle dita. Azzeccata anche l’ospitata di Colapesce (Lorenzo Urciullo) in Un mare, appesantita però da un eccesso di archi. Episodi come Scappa via, Crash, Storia precaria, dall’andamento ska, Low cost e la lambiccata A chi è infallibile evidenziano i limiti del disco: passano restando in superfice, prive della zampata necessaria a imprimere una melodia nel cuore e nella mente. La vita sbrana e Sessantasei rimandano, anche nell’immaginario evocato dai testi, al già citato Max Pezzali: “Sei qui con me/ Mi scaldi come il riff di Jumping Jack flash/ e te la ghigni proprio come il buon Keith”. In generale, Dio c’è appare musicalmente più monocorde rispetto alle prove passate del gruppo, come I Love You Fortissimo, e spesso non basta buttare nel frullatore Fabri Fibra e Jay Z per descrivere il nostro presente. Tra le sette di indierockers snob e le prescindibili radiofonie da viaggio in autostrada, ci sarebbe un’ampia terra da colonizzare, ma i Numero 6 appaiono spaesati e le loro canzoni– soffocate da una veste sonora spesso inadeguata – finiscono per essere troppo leggere, incapaci sia di emozionare, sia di divertire fino in fondo (era questo uno degli scopi, no?). Peccato.