Paul Duncan ha pubblicato per la HomeTapes di Miami il suo secondo lavoro, un doppio cd intitolato Be Careful What You Call Home disponibile negli states dall’inzio di Novembre; qui da noi non si è guadagnato uno straccio di recensione, cosi come il suo album di debutto, To an Ambient hollywood. Davvero curioso, perchè Be Careful What you call Home è una prova magmatica e straordinaria che oltreoceano ha già conquistato lo status di piccolo culto. Paul viene da una serie di esperienze stratificate; suona il basso per i Daylight’s For the birds, ha suonato la chitarra per i Feathers e porta avanti una serie di side projects come si evince da questa intervista. In Be Careful… Paul maltratta praticamente tutto; chitarra, basso, piano, device elettronici, violoncello, batteria; si fa coadiuvare da un gruppo di amici per i live-set e si dice ispirato da Jim O’Rourke, Morton Feldman, Arnold Dreyblatt. Indie-eye non si azzarda a definire il lavoro di Paul Duncan come avant-pop, perchè sostanzialmente il termine non indica niente di buono; piuttosto ci piace individuare quell’interstizio tra forma Pop e libertà sperimentale che traccia una psicogeografia immaginaria attraverso il lavoro di Sam Prekop, Sufjan Stevens, John Vanderslice, Andrew Bird, Archer Prewitt e secondo il nostro occhio, il seminale Kramer. Indie-eye ritaglia un piccolo frammento di questa emozione e lo fa con il download di due tracce prelevate dal nuovo doppio album e di una terza estratta dall’album d’esordio del songwriter americano.
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