Ho sempre un certo timore a parlare di band unsigned, ovvero senza un contratto discografico o un’etichetta che li supporti; ed è sicuramente un pregiudizio perchè ci sono moltissimi musicisti arrivati al secondo Cd che farebbero meglio a cancellare la loro storia discografica. L’ipertrofia del mercato è una benedizione contro le avanguardie di ogni retroguardia, o le retroguardie di tutte le avanguardie che infestano la stampa musicale sempre più schiava dei comunicati stampa e di un rapporto servile con la promozione; a guardarla bene in faccia, l’ipertrofia del mercato, il critico che utilizza il valore della parola “indie” come uno sticker, rischia di perdersi: “erano meglio gli anni ’80 quando si distinguevano due o tre scene musicali e si poteva dire che quello era bello e l’altro era brutto”; ah! questo moralismo democristiano camuffato del Kritico con la K; terrorizzato dai nuovi mezzi di diffusione dell’informazione e nemico del networking sociale, salvo poi utilizzarlo per imbroccare le minorenni o per scambiare il gossip per un’ “onesta” guida all’ascolto. Sarebbe sufficiente uno sguardo attento sul modello giapponese (cinema, musica, j-pop & Miike Takashi), come esempio vertiginoso e stimolante di questo funzionamento per ricredersi sulle urgenze da bibliotecari. In sintesi, sono stato contattato da una band di Cardiff, i Peanut Albinos, un collettivo nato nel 1996 dal quale non sono riuscito a ricavare
informazioni biografiche sufficienti, tranne il fatto che, come nel caso di band come TheLoveGods sciorinano le loro carte attraverso la libera distribuzione di tracce
in rete e un copioso carnet di concerti. Recentemente hanno reso disponibili sei nuove tracce raccolte sotto il nome di No.5: Falling From the Saddle of a High Horse; una mistura divertente e anche mainstream se si vuole, tra i muscoli dei Pearl Jam e il tappeto timbrico di Sufjan Stevens; che è poi nel male e nel bene la sintesi dell’ipertrofia con cui si cercava di scendere a patti; buon ascolto.
Scarica: Just another day