venerdì, Novembre 15, 2024

Phidge – We never really came back (Riff Records, 2012)

Paladini della fervida ed assai creativa scena emiliana da quasi un decennio, dopo una manciata di ep premonitori ed un disco vero in carne ed ossa, tornano, a tre anni dall’ottimo It’ s all about to tell, i Phidge.

Questo We never really came back, per l’appunto, non ha però nulla di posticcio ed artato, a prescindere dal messaggio che il titolo sembrerebbe propinarci, ancorchè da un certo solipsismo incorruttibile che a certe cose ne può fare associare certe altre. Ed infatti, tra impareggiabili reminiscenze alternative comuni a gruppi come Silverchair (Blind diving, Card with a wish, Nobody tries) e Bush (Hot Water Beach, Graveyards, Door Selected) ed un imprinting post-rock localizzato tra i feedback di Swervedriver e Slowdive (Awoken, On the whole), pizzica (ma non brucia) una strana sensazione di acquiescenza radio-friendly, sagacemente ispirata alle frequenze delle emittenti college americane. Nulla di deprecabile, anzi, soprattutto se copiosa nelle forme e nella sostanza del minuto e quarantacinque di Invisible colors, putto satollo dell’Eros Depeche Mode a cui giustapporre le iridescenti idiosincrasie indie rock di Our lungs are blind, pregna com’è di tutta la fragranza british fresca e sbarazzina dei Kaiser Chiefs o, ancora, l’eufonia acclimatante della delicatissima @the end of the day, giusta chiusura per un ottimo disco.   Trattare insomma la materia come va trattata! Sano, onesto e soprattutto davvero dignitoso, questo è un ritorno di cui possiamo rallegrarci, non v’è dubbio!

Francesco Cipriano
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Francesco Cipriano classe 1975, suona da molto tempo e scrive di musica.

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