Tra le tante piccole novità musicali di questo 2007 che volge ormai al termine, non molto scalpore ha suscitato la nascita di questa nuova etichetta indipendente che risponde al nome Dead Ocean. Ennesimo progetto emerso dal magmatico underground americano l’etichetta può vantare nobili origini (consorella di Jagjaguwar e Secretly Canadian) e, soprattutto, già un roster di qualità con nomi affermati come Dirty Projectors o molto chiacchierati come Bishop Allen e Citay. L’ultimo arrivato in casa Dead Ocean si chiama Matthew Houck e pubblica i suoi lavori (già due album e un ep all’attivo) con il moniker Phosphorescent. Originario dell’Alabama, da tempo stanziato ad Athens (GA), pare che Matt si sia trasferito a New York per registrare questo nuovo e terzo album dal titolo “Pride”. L’atmosfera della metropoli nulla ha tolto al fascino rurale intriso di tradizione southern delle canzoni di Phosphorescent: otto ballate languide a base di chitarra, banjo, organo e cori. Quest’ultimo elemento in particolare caratterizza in modo forte il suono di “Pride” conferendo all’album un che di mistico. Sarà anche il retaggio gospel che senza dubbio fa parte del background musicale di Matt ma spesso le canzoni di Phosphorescent sono intrise di un senso profondamente religioso che rappresenta l’elemento più caratterizzante di un cantautorato decisamente e orgogliosamente tradizionale a dispetto delle divagazioni più o meno weird che pure sono presenti. “At Death, A Proclamation” assume tinte quasi epiche dove le melodie vocali sulle percussioni di sottofondo lasciano immaginare un incontro tra Will Oldham e Phil Elvrum, i cori salutano in “Wolves” la presenza di Raymond Raposa (Castanets) e Jana Hunter mentre raggiungono il loro momento più alto ed ispirato nei nove minuti di “My Dove, My Lamb” e soprattutto in “Cocaine Lights”. Assolutamente sopra la media, “Pride” ci consegna un nome, Phosphorescent, che sarebbe grave considerare solo come uno tra i tanti.