Si può ben dire che valeva la pena attendere nel caso di “Autumn Of The Seraphs”. Il precedente album dei Pinback, “Summer In Abbadon” (Touch&Go, 2004), aveva proiettato il duo californiano verso una notorietà in cui forse non speravano più, dopo anni di onorata e sudata gavetta. Rob Crow e Armistead Burwell Smith IV si sono presi il tempo di cui avevano bisogno per pensare e per andare un passo oltre. Il nuovo album, pubblicato sempre da Touch&Go, si apre subito con il ritmo serrato di “From Nothing To Nowhere” tanto per mettere in chiaro e far credere che gli arpeggi narcolettici e i ritmi zoppicanti del passato sono stati lasciati definitivamente alle spalle. In realtà anche oggi la musica dei Pinback viaggia sui solidi e collaudati binari di una malinconia gentile e profonda, prende le mosse dalla tappa precedente e rivendica con orgoglio la propria personale via al “rock”. Ciò che “Autumn Of The Seraphs” porta di nuovo è una ritrovata continuità con il suono degli anni ’90: chitarre più aggressive, sezione ritmica in primo piano e delicati inserimenti elettronici. Se a tutto ciò poi aggiungete i consueti intrecci melodici delle due voci e, soprattutto, undici canzoni dalla scrittura cristallina e personale avete tutti gli ingredienti per farvi un’idea realistica di quello che, a tutti gli effetti, è un gran bel disco. Lasciatevi cullare da “How We Breathe”, ondeggiate al suono delle chitarre di “Devil You Know” e scuotete pure la testa fissando il vuoto di “Good To Sea”: qualunque cosa abbiate da farvi perdonare vi viene incontro “Autumn Of The Seraphs”. Da parte mia, mentre volentieri perdono ai Pinback quella che mi sembra senza dubbio la copertina più brutta dell’anno, mi tengo strette queste canzoni.