mercoledì, Dicembre 18, 2024

Proiettili Buoni – s/t : la recensione

Se non altro per le quattro fisicità che compongono il gruppo, i Proiettili Buoni non possono non essere ascoltati. Stiamo parlando di Marco Parente alla voce, Paolo Benvegnù voce e chitarra, Andrea Franchi alla batteria (pure lui un Benvegnù) e Gionni Dall’Orto (Amore) al basso. Non siamo di fronte a niente che sia nuovo nel senso di “appena nato” infatti i Proiettili Buoni hanno già fatto qualche buon chilometro in giro per l’Italia prima di uscire con questo nuovo album che prende il nome dal gruppo e che, forse non a caso, è stato registrato in presa diretta presso il Viper di Firenze; un album live insomma.

La realtà è che questo disco e questa formazione si potrebbero quasi definire una sorta di sfida o azzardo, sia per il gruppo stesso che per chi ascolta da fuori così, se da una parte è facile amare entrambe le cose, dall’altra potrebbe anche esserci qualcuno che non sempre riuscirà a tenere legati tutti gli elementi di composizione non trovando conseguentemente una vera giustificazione alla loro unione. Viene il dubbio, a volte, che per poter veramente apprezzare fino in fondo questo lavoro sia necessario distaccarsi completamente da quello che le nostre orecchie hanno fino ad ora percepito dalle due grandi personalità del gruppo; tutto ciò risulta non sempre così facile per cui potrebbe accadere che si percepisca la mancanza di qualcosa che semplicemente non si sente, ma che c’è, e viceversa la sovrabbondanza di altri elementi che in Parente e Benvegnù solisti non si riscontrerebbero e magari neppure ci verrebbero in mente.

Di certo c’è che, al di là di tutto, il rock che ci viene regalato è sano, leggero, dolce, ma con punte acide, liscio e poi ancora graffiante, senza che ci si discosti mai, nemmeno per un attimo, dai gusti e dalle direzioni da sempre proprie del genere e dalle scelte musicali dei già stranominati componenti. Un totale di dieci brani ben suonati , tendenzialmente completi ma mai perfetti o troppo precisi e, forse, proprio per questo motivo bisognerebbe dire qualcosa su ognuno di essi perché non è facile sceglierne solo alcuni; è come se non si riuscisse a separarli, a staccarne alcuni piuttosto di altri perché musicalmente sono legati da un unico fluido e la stessa voce di Parente che non cambia dall’inizio alla fine , funge da ulteriore collante . Alcuni pezzi con ritornello che ci permettiamo di definire “orecchiabile”, come “Colori addosso” o “Carne in scatola”, scorrono via davvero facili ed essendo per lo più collocate di seguito, ti rimangono in testa ma allo stesso tempo scivolano veloci e finisce che magari il disco te lo ricordi più facilmente per altre canzoni. Parlo di lavori come “Poesia Cieca”, “Karma Parenti” o “Ragazza1”.

Quest’ultima decisamente la più bella dell’album e l’unica, fra l’altro, in cui si sente la voce di Benvegnù il cui fantasma comunque si manifesta anche negli altri brani pur restando nascosto al buio. Infine come non citare quella che non si può che definire una bella trovata: “Carne in scatola” e “Poesia cieca” hanno la stessa melodia e lo stesso ritornello, solo la tonalità e il testo le differenziano e sono talmente fatte bene che non te ne accorgi nemmeno subito. Unico neo è “Proiettili Buoni” con una veste di auto- propaganda che lascia quantomeno perplessi. Arrivati alla fine, il risultato è che ciò di cui si gode maggiormente nell’ascoltare questo album è l’eco di un percorso già tracciato che allo stesso tempo però ha l’ovvio limite di non proporre nuove vie soprattutto a causa della mancanza di una sana e genuina ricerca artistica.

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