venerdì, Novembre 22, 2024

Race Horses – Furniture (Stolen Recordings, 2012)

Il Galles nelle ultime due decadi è stato foriero di ottimo pop, a partire dai Gorky’s Zygotic Mynci fino ai Los Campesinos!, passando per Stereophonics, Super Furry Animals e, perché no, dai Manic Street Preachers post-Edwards. Ora a rinverdire questa tradizione arrivano i Race Horses, quintetto di belle speranze che con questo Furniture giunge alla seconda uscita discografica, a distanza di un paio d’anni dall’acerbo esordio Goodbye Falkenburg.
Se si dovessero scegliere un paio di nomi a cui accostare i Race Horses tra quelli elencati precedentemente, probabilmente la scelta cadrebbe sui Gorky’s e sui Los Campesinos!, i primi per le soavi memorie psichedeliche e anni sessanta, i secondi per la spensieratezza e l’audacia giovanile sprigionate dalle canzoni. A questi vanno poi aggiunti altri due nomi britannici, pressoché immancabili quando si parla di pop, cioè i Pulp e gli Smiths.
Furniture si muove con freschezza tra queste influenze, dipanandosi in dieci brani di ottimo livello, capaci di conquistare sin dal primo ascolto sia dal punto di vista delle melodie e dei ritornelli a presa rapida, sia della accurata scelta dei suoni, delicati ed equilibrati, come la tradizione britannica insegna.
Vari sono gli esempi di questa commistione tra freschezza e bellezza: ad esempio la title track, uno tra i brani più Pulp del disco, tanto che ci si aspetta quasi che dalle tastiere e dal ritmo sincopato spunti Jarvis Cocker per duettare con Meilyr Jones; Mates, che declina il suono dei Two Door Cinema Club con un’attitudine meno dancefloor e più pop anni ’90; Sisters, che sembra un brano di un gruppo Labrador per quanto trasporta bene gli Smiths nel ventunesimo secolo; What Am I To Do, ballata languida ma dal cuore ritmico gelido; il singolo di lancio My Year Abroad, il brano col muro di suono più potente del disco, con retaggi wave tutt’altro che nascosti.
Questi Race Horses sembrano quindi cavalli di razza, destinati a correre per molte stagioni nelle più importanti gare pop d’Oltremanica, se saranno in grado di mantenere gli standard qualitativi mostrati in questo album e ad aggiungerci un pizzico di personalità in più.

 

 

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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