lunedì, Dicembre 23, 2024

Ralfe Band – Attic Thieves – (Talitres – 2008)

Il duo inglese composto da Oly Ralfe e Andrew Mitchell, che prende il nome di Ralfe Band, esce con questo secondo album dal titolo “Attic Thieves” per l’ etichetta Talitres Records. A presentare bene la band ci pensa un riscontro decisamente positivo del loro precedente Swords, e un certo pubblico che comincia a farsi sentire al loro seguito (Belpaese in primis), e che certo attendeva questa loro seconda fatica. E se le conferme sono sempre più difficili degli esordi, questa regola non trova a mio giudizio l’ eccezione in questo ennesimo progettino da esportazione made in Uk.
I nostri si affidano alla collaudata formula dell’ indiefolk (codificando, accostando e quindi edulcorando cliché di generi che dovrebbero restare personali ed eclettici, ma già da un po’ non è ahimé più così) e sfornano dodici pezzi, tutti carini, finemente composti ed egregiamente suonati senza però nessuno che lasci il segno. Note interessanti che faranno sicuramente gola ai club radical chic nostrani.
Forse ricercando una maturità che prende inevitabilmente la piega dell’ ovvio, si perde molta carica espressiva e fantasia lungo la strada. Senza mettere in disparte i ferri del mestiere, che mettono in luce una sicura dimestichezza nel fornitissimo campionario di strumenti utilizzati e permettono comunque al disco di lasciarsi sentire, anche con discreto trasporto.
Il problema è che queste canzoni sono troppo buone per colpire, troppo precarie per rassicurare. La blanda sperimentazione che fa da cornice ad alcune è un po’ troppo confezionata in schemi di finta spontaneità (Stumble, n.2, oppure Helmutsine, la n.7), secondo, anche qui, stili da anni definiti, che stanno pian piano perdendo tutta la loro freschezza. Niente a che vedere con la sincerità e la radicalità di un Micah Hinson, né con le recenti piccole perle di candida amarezza di Essie Jain, né con le trovate a cui certo far credito dei mai sufficientemente valutati Eeels. Le tracce più felici restano la ballad leggermente insana e malinconica Platform Boy (n.5) e la strumentale e sofisticata Two Lorenzo’s (n.9), pausa lietissima seppur minima (solo un minuto). E se il folk che ci invade (anche nel senso buono) da oltreoceano non è un fenomeno nuovo o di recente riscoperta anche nel Regno Unito (Tunng?), in Italia sta attecchendo forse con troppo calore e indistinte qualità, spesso trascurando realtà autoctone più intuitive e geniali (rimando all’ ascolto di Pentolino’ s Orchestra) che rischiano di perdersi nel calderone della musica (eternamente) emergente, a cui poco invece avrebbero da insegnare. Le sorprese alla fine restano veramente poche, nascoste in un alone di dolce rassegnazione.

Michele Baldini
Michele Baldini
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