Reigns – The widow blades (Monotreme Records, 2011)

Una storia semplice, la intitolerebbe Sciascia, con l’essenzialità che lo contraddistingueva. Una storia di cronaca nera immersa nel bianco non più lattiginoso ma asettico della bufera di neve che fece scomparire la vedova Blades, nel 1978. I reigns, duo inglese al quarto album non estraneo a registrazioni in luoghi inquietanti, si sono permessi il lusso di ricostruire questa storia con un documento sonoro di undici canzoni, dalla fedeltà reportistica, che pare abbia richiesto un’immersione all’interno della vicenda tale da far trasferire il gruppo all’interno dell’abitazione della donna scomparsa. Cosa ne abbiano ricavato non sappiamo, che valenza possa avere la documentazione raccolta neppure. Per quanto riguarda la fedeltà delle canzoni alle sensazioni trasmesse da quella particolare situazione, ci siamo in pieno. Il concept accoglie benissimo l’atmosfera drammatica di casa Blades, riempie il vuoto lasciato da quella donna con ticchettii sospettosi di pianoforte, sussulti sommersi di elettronica e strascicate melodie vocali. L’apripista Over Tone Gulley basterebbe già a capire che l’incedere del disco sarà drammatico e senza via di scampo. Proprio senza accorgersene si arriva a battiti soffocati dalla rabbia, ci si ritrova a correre nella neve per non ritrovarsi come Jack Torrance del romanzo Shining, ghiacciato dalle basse temperature e dall’alto livello di pazzia. I Will Burn For This ricorda the xx per sofficità, Hybrium Sulphate, la sostanza secondo cui dicono i cronisti si sarebbero fatti i regns nel soggiorno in casa Blades, è allucinata e soffocante, ricorda gli Slipknot rochi del Vol. II. I diciannove minuti conclusivi di The Mounds riassume il viaggio trascorso alla perfezione. Sempre che se ne sia usciti vivi.