venerdì, Novembre 22, 2024

Reptile Youth – s/t (HFn Music, 2012)

I Reptile Youth da Copenhagen sono musicalmente figli degli anni 2003-2007, quelli situati tra Echoes dei Rapture e Sound Of Silver degli LCD Soundsystem, con nel mezzo gli esordi dei Franz Ferdinand e i momenti d’oro della Kitsuné e del suo electro-indie. Il loro sound è infatti perfetto, come era quello delle band citate, per un party alternative, tra casse in quattro, riff di chitarre spigolosi ma ruffiani, giri di synth ben studiati e una generale atmosfera carica di energia.
Famosi per i loro live infuocati e coinvolgenti (vedere il video di Speeddance per farsi un’idea, anche se la forza e il sudore dei !!! ad esempio sono molto lontani), i danesi nel loro disco di esordio dimostrano però tutti i limiti di una formula musicale che ha già detto praticamente tutto da qualche anno. In Reptile Youth non mancano infatti delle buone canzoni, potenziali hit che si lasciano ascoltare e ballare con piacere, impreziosite da un’ottima produzione affidata alle sapienti mani di Dave M. Allen (Cure e Human League nel suo curriculum) e Mark Ralph (Hot Chip, tra gli altri). Il problema è che le ombre di chi ha già fatto quel tipo di musica negli scorsi anni sono fin troppo ingombranti.
Può così diventare quasi un gioco per chi ascolta cercare di captare i riferimenti che emergono di brano in brano, a partire dai primi Rapture dell’opening track Black Swan Born White, dove a tratti Mads Damsgaard Kristiansen sembra inseguire anche dal punto di vista vocale Luke Jenner, passando per il funk avvolgente targato Faint/!!! del già citato Speeddance, per l’electro-pop bello tirato in stile Presets/Digitalism di Be My Yoko Ono e ancor più di Heart Blood Beat, fino alla filastrocca chitarristica It’s Easy To Lose Yourself, che pare un bozzetto dei Franz Ferdinand più pop e beatlesiani.
In definitiva, sia giocando a scovare la citazione sia limitandosi a lasciarsi trasportare dalla musica, ci si diverte. Sta a voi decidere se vi basta.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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