mercoledì, Novembre 6, 2024

Retribution Gospel Choir – s/t

retributiongospelchoir.jpgRetribution Gospel Choir è il progetto parallelo di Alan Sparhawk, che dai Low preleva il bassista Matt Livingston, cerca traino nel drumming potentissimo di Eric Pollard, accetta la produzione di Mark Kozelek e mette insieme la prima raccolta di canzoni sulla lunga durata. Retribution Gospel Choir aveva visto la luce prima della release ufficiale di Drums and Guns, attraverso una serie di concerti dove il trio accompagnato da Kozelek stesso proponeva per lo più brani dall’ultimo lavoro dei Low, alcune tracce nuove e distribuiva due tour-ep di cui uno ormai irreperibile. La documentazione video presente su Youtube mostra una band dal forte impatto, dove il songwriting di Sparhawk è quello che conosciamo a livello di sensibilità lirica, questa volta al servizio di un’idea che sostituisce la dilatazione della band di Duluth con una forma concisa e tagliente che fa venire in mente il magma elettrico di band purtroppo dimenticate come i Come. Si può partire dalla seconda e terza traccia, due interpolazioni da Drums and Guns, con la potenza tellurica di Take Your time, Eric Pollard in stato di grazia e la chitarra di Sparhawk che disegna un tappeto violento e allo stesso tempo a rischio di deriva; c’è un po’ tutta la filosofia compositiva dei Retribution Gospel Choir, una manciata di schiaffi Rock’n’Core consumati tra volume, durata ridotta e una compressione vertiginosa legata ad una ricerca timbrica dalle caratteristiche visionarie, alla quale Sparhawk non rinuncia. Brani come Somebody’s Someone e Destroyer, graffiano nella loro semplicità d’impatto e mostrano lo scheletro dei Low rivisti in versione tersa e satura, quando le chitarre escono dalla forma romantica e ventrale sono capaci di evocare altro, con quella collisione tra forma e libertà che riusciva agli Hüsker Dü di Zen arcade. Ed è anche la maggiore rigidità pop che si affaccia in tracce come When She Turned into e la splendida Easy Prey che permette una comunicazione diretta, ficcata nella polvere e diretta verso il cielo, con una produzione dei suoni che si svincola totalmente da quel senso di pulizia che anestetizza prodotti concepiti per frequenze addizionate, buone per l’indotto iTUNES; c’è un impasto sonoro che da una prospettiva desiderante coloca il debutto di RGC fuori dal tempo corrente, ci si immagina una riproduzione in vinile, anche in termini di struttura interna, l’intercapedine tra un brano e l’altro, la durata complessiva dell’album finalmente ridotta, essenziale, la potenza senza sconti e compromessi, una convenzione limpida tra chi produce e ascolta,probabilmente l’unica via possibile per r-esistere.

Redazione IE
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