venerdì, Novembre 22, 2024

Rubik – Solar (Fullsteam Records/Talitres/Thomason Sounds, 2011)

Ritornando sui miei passi, rileggo la recensione del precedente episodio dei Rubik, Dada Bandits, distante solo dodici mesi da questo Solar. Nella mia mente nutrivo un ricordo positivo di questi strambi finlandesi, sarà per la copertina dada pop o per alcuni particolari passaggi melodici che riecheggiano ancora di tanto in tanto. Rileggo la recensione e mi stupisco dell’affondo. Ma no, ma non erano così, mi parevano anzi così simpatici, divertenti all’ascolto. Allontano il pregiudizio e lascio scorrere Solar fuori dalle mie casse. E allora configuro tutto il puzzle mentale che emergeva completo in quell’articolo. I Rubik sono noiosi. Non lo erano, ma sono riusciti a diventarlo.
Quello che emerge da questo nuovo album è un’ispirazione diversa, più intimista se vogliamo, una ripresa parziale dei suoni (ma totale delle atmosfere) dei sixties acustici, lisergici ma con garbo. Per tirare fuori dei nomi, si distinguono il sole puntato negli occhi degli Aphrodite’s Child, le marce trionfali del Sergente Pepe e qualche parentela molto lontana con l’eterna sincope zappiana. Ribadisco anche la profonda parentela, figlia del tempo in cui vivono, con l’indie rock, per i tempi, le costruzioni melodiche ma non per la ricerca di una qualunque innovazione. Detto questo, i Rubik non danno sostanziali segni di cambiamento. Sono rimasti i giocolieri con le solite tre carte: di un altro mazzo magari, ma sempre tre rimangono. Il cantato di Artturi Taira è riconoscibilissimo, e vola sulle stesse melodie sospese e altalenanti dei precedenti lavori. Quando osano strutturare una suite si perdono nell’orchestra e così The Dark Continental lascia la classica boria da traccia finale. Meglio puntare su episodi più semplici, magari anche scontati, ma che arricchiscono la varietà di stili (non di soluzioni) del gruppo, come Sun’s Eyes, che ricorda vagamente i cugini prog Beardfish, oppure il classico singolone alla Rubik World Around You. Solo Crisis Meeting At The Lyceum dà l’idea del potenziale utilizzabile se convogliato verso giusti traguardi. Comunque, il disco non è così male. E nemmeno il precedente. E’ questo il problema.

Elia Billero
Elia Billero
Elia Billero vive vicino Pisa, è laureato in Scienze Politiche (indirizzo Comunicazione Media e Giornalismo), scrive di dischi e concerti per Indie-eye e gestisce altri siti.

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