lunedì, Dicembre 23, 2024

Rue Royale: DIY per noi significa velocità

Il loro disco Guide To An Escape (recensito su Indie-Eye da questa parte) ci ha stregati, con le sue canzoni di pura e semplice bellezza, memori del miglior folk e pop delle scorse decadi senza mai sembrare particolarmente derivative. I Rue Royale sono in grado di stregare anche quando suonano dal vivo grazie all’esperienza on the road fatta in questi anni, con un tour dietro l’altro in giro per l’Europa, centinaia di date in cui hanno portato fino alla perfezione la loro intesa, guardandosi negli occhi e ricreando in maniera ogni volta migliore le melodie che rendono così belli i loro dischi. Abbiamo intercettato Ruth e Brookln in occasione del loro ultimo passaggio da Milano, lo scorso 22 aprile, quando si sono esibiti allo Spazio Luce all’interno della rassegna Occhi Negli Occhi, che punta da una parte a tenere sveglia la città anche di lunedì e dall’altra a offrire ottima musica online, con lo streaming e la registrazione dei concerti, intenti riusciti sicuramente con i Rue Royale. Ma ecco cosa ci ha detto la coppia anglo-americana sulla sua musica e su come si approcciano ad essa.

Questo è il vostro secondo tour in Italia nel giro di pochi mesi; cosa vi spinge qui così spesso? Vi piace suonare dalle nostre parti?
R: È la quinta o sesta volta in totale che veniamo in Italia negli ultimi anni. L’Italia ci piace molto, è una cultura abbastanza diversa da quelle da cui proveniamo, ma in definitiva ciò la rende anche molto affascinante ed interessante, sia la gente che anche naturalmente il cibo… Inoltre il pubblico di solito è molto caldo e ricettivo, mi ricordo ad esempio un concerto del 2009 se non sbaglio, in un locale chiamato Tambourine, dove al termine di Tell Me When You Go la gente continuava ad applaudirci ritmicamente e io dissi “ragazzi, siete incredibili!” e qualcuno rispose “no, siamo italiani!”

Mi è molto piaciuto il vostro disco Guide To An Escape, che è arrivato in Italia con qualche mese di ritardo rispetto al Regno Unito. Perché? Avete avuto problemi a trovare un’etichetta che vi distribuisse anche qui?
B: no, in realtà non l’abbiamo proprio cercata. Non ci avevamo pensato nemmeno per la Germania, ma poi ci ha trovato un’etichetta tedesca a cui piaceva la nostra musica e che ci ha chiesto di collaborare per la diffusione dell’album. Quindi è uscito in Germania, dove è andato piuttosto bene, e da lì c’è stata la scelta di provare anche con il resto d’Europa, Italia e Francia soprattutto. Per l’Italia eravamo particolarmente felici, perché amiamo suonare qui e avevamo già un buon numero di fan ed amici.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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