Da qui a domani segna il ritorno sulle scene di Miro Sassolini, mitica figura della New wave italiana, nella quale lasciò un segno indelebile come plastica e impetuosa voce dei primi Diaframma. Il progetto S.M.S. vede protagonisti, oltre a Sassolini – cantante e curatore delle melodie – Monica Matticoli, autrice dei testi e l’ex Disciplinatha Cristiano Santini, responsabile della produzione artistica e, coadiuvato da Federico Bologna, delle musiche.
L’obiettivo che possiamo scorgere nella trama di questo lavoro è il mantenere distinti i tre differenti contributi artistici, creando un continuo dialogo fra voce, suono e parole, che dovrebbero dialogare senza mai fondersi del tutto.
Il recitato di Sul limite, che vede Matticoli accompagnare Sassolini al canto, fa da introduzione. Leonard è synthpop incalzante. In quiete non si discosta molto dalla dance perversa di Trent Reznor giovane. Disvelo, profondamente contemplativa, sottolinea la fisicità del rapporto amoroso (“Lingua e sangue, amore/ sono la grazia nel nome”). Rimane addosso la veste lacerata del risveglio è la carnale rassicurazione di un’amante al proprio oggetto del desiderio, perché libertà e necessità della vita fanno spesso a pugni: “Tu sei vento/ ti occorre il tempo, per vincere la sorte.” Semel heres è industrial pop, con una coda pianistica. Idea dell’alba è intrisa di sofferto intimismo. A nudo aggiunge chitarre e archi poppeggianti. Dal vetro allo specchio è la presa d’atto del passare del tempo – e di ciò che questo comporta – da parte di due amici (E adesso che avere un’idea/ è scoprire il mondo, non soltanto cambiarlo). Mai troppo chiuso il tempo è un’elegia per la persona amata. La più compatta Oltremodo rimanda ai bei tempi della New wave.
L’ascolto, alla lunga, risulta stancante. Le basi elettroniche, fondamentalmente semplici e ripetitive, sono una camicia di forza per la voce sempre sinuosa e incontenibile di Sassolini, che riesce sempre a sorprendere. Musica testi e voce sono troppo spesso slegati o legati alla meno peggio. In sintesi, le canzoni non riescono né a essere accattivanti, come la veste sonora parrebbe desiderare, né profonde come il tono filosofico della voce di Miro e i testi pretenderebbero. Le eccessive ambizioni inchiodano l’insieme in un limbo.