“I’m hyperactive tonight!” esclama sorridente Emma Louise Niblett non appena prende posizione alla batteria. E in effetti la data romana del tour di supporto all’ultimo disco The Calcination of Scout Niblett (Drag City) è un tripudio di iperattività e incontenibile simpatia. Scout bazzica per il locale armata di cavatappi per una buona mezzora, accompagnata dall’ormai inseparabile giubbotto d’emergenza color arancione, sale sul palco e abbozza una Miss My Lion un po’ posticcia, di riscaldamento. Da subito sono le sue movenze a catturare l’attenzione: Scout è prodiga di sorrisi e smorfie, di tanto in tanto saltella e si scrocchia le articolazioni puntando le mani al soffitto, rapita da chissà quale pianeta. Chi tra il pubblico non ha familiarità con le sue stramberie non riesce a trattenere un ghigno di tanto in tanto: Scout ha degli atteggiamenti infantili e degli esuberi schizzati irresistibili, come quando scopre uno sgabello girevole e non riesce a smettere di piroettare su se stessa. A concerto appena iniziato lascia spazio alle richieste e con grande piacere collettivo tuona una No-Ones Wrong potentissima e distorta, accompagnata alla batteria da Daniel Sigmund Henry Wilson, con il quale interagisce in tutti i pezzi a due con divertito entusiasmo. Contrariamente alle aspettative non è l’ultimo disco a dominare la setlist: fatta eccezione per Kings e l’incedere mortifero, decisamente grunge di Cherry Cheek Bomb, i due album più saccheggiati sono I Am, del lontano 2003 e This Fool Can Die Now del 2007. Dal primo Scout recupera alla batteria Your Beat Kicks Back Like Death, il cui esile testo “We are gonna die / We are all gone die / We don’t know when / We don’t know how” viene intramezzato da una sorprendente cover di We Are The World di Michael Jackson: straniamento puro. Dinosaur Egg e Kiss sono il momento di raccoglimento della serata e rendono giustizia al songwriting maturo che Scout ha sfoderato negli ultimi due dischi, abbandonando gli eccessi cantilenanti degli esordi e abbracciando uno stile più accessibile eppur denso di trame imprevedibili. Kiss in particolare, con quel suo altalenare tra una ballad e gli acuti chiarissimi di Scout, lascia davvero senza fiato. In chiusura si punta all’hard rock senza freni di Drummer Boy, momento davvero catartico per la cantante, che dà sfogo a tutte le sue energie nell’ultimo, urlatissimo verso “I can’t wait ‘till the morning, I gotta go now!”. Nevada chiude il set senza perdere in energia. A concerto finito si ha la sensazione di aver trovato il giusto equilibrio tra le proprie aspettative e la performance della cantante, cosa forse più ardua su disco fin dai suoi esordi. L’universo solitario ed angosciato di Scout nasconde in realtà una dimensione estremamente godibile e sorridente. Basta stabilirci un contatto.
Setlist:
1. Miss My Lion
2. My Beloved
3. No-Ones Wrong (Giricocola)
4. Kings
5. Hot To Death
6. Cherry Cheek Bomb
7. Your Last Chariot
8. Elizabeth (Black Hearted Queen)
9. We Are The World / Your Beat Kicks Back Like Death
10. Dinosaur Egg
11. Kiss
12. Drummer Boy
13. Nevada