lunedì, Novembre 25, 2024

Sea of Bees – Songs for The Ravens (Heavenly, 2011)

In quel di Sacramento si annida la sorridente Julie Baenziger o Julie Ann Bee come dir si voglia, già da qualche anno impegnata a costruire un personale microcosmo sonoro delicato e bislacco, di cui Songs for The Ravens costituisce la prima mappatura ufficiale. Nel 2009 il suo primo EP Bee Eee Pee anticipava cinque pezzi, allora incisi a mente fresca dopo una lezione lampo su ProTools impartitale dal produttore John Baccilaguppi (nello stesso anno alle prese con le discontinuità di Devendra Banhart). Da quel’aura da demo strappato al caso, con questo nuovo album si passa a un vero e proprio saggio dello stile raccolto della polistrumentista dalla voce inequivocabilmente particolare, nei momenti migliori dell’album calda e ipnotica, in quelli più autoindulgenti  passaporto plastificato per Soporiferoland e dintorni. Intendiamoci, il disco scorre magistralmente nell’ambito di quel folk-pop contemporaneo che fa del raccoglimento intimistico il suo obiettivo primario e gli si riconosce un discreto eclettismo, se non altro per l’impiego di una strumentazione variegata e per le spolverate di soffice elettronica in certi brani (Won’t Be Long o l’ingenuità ben confezionata di Willis, con la sua marimba), ma si avverte la mancanza di un piglio quell’attimo più estroso di cui, per tentare un accostamento, il songwriting pop scandinavo (Britta Persson, Hello Saferide ecc.) ha dato validissimi esempi. Forse citare Joanna Newsom come metro di paragone ha un po’ l’attendibilità di una bilancia mal tarata, ma sentire la mancanza del pathos dell’ultima Marissa Nadler può avere un suo senso: dopo il lavandare del pezzo d’apertura Gnomes, Skinnybone incuriosisce per la buona sinergia tra l’interpretazione vocale di Julie e la rincorsa delle percussioni, ma con Wizbot le acque si placano almeno fino alla seconda metà del disco. Lo sfondo rock di Marmalade, il primo singolo, risolleva le attese trascinando l’ascoltatore in territori inquieti, gli stessi con cui il disco va a chiudersi con l’ottima Blind, in cui pianoforte e violoncello si incontrano a metà strada, per creare una ballad scarna e bellissima, che dell’essenziale riesce a far tesoro mantenendo alta la carica emotiva; la stessa voce di Julie qui riluce senza particolari fronzoli, evocativa e malinconica. Non è difficile pensare che la vera personalità dell’artista possa palesarsi nei prossimi capitoli. Resteremo in ascolto.

Sea of Bees su Myspace

Giuseppe Zevolli
Giuseppe Zevolli
Nato a Bergamo, Giuseppe si trasferisce a Roma, dove inizia a scrivere di musica per Indie-Eye. Vive a Londra dove si divide tra giornalismo ed accademia.

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