Early Times, ovvero i primi anni dei Silver Jews, la creatura di David Berman, gli anni in cui in formazione erano presenti anche Stephen Malkmus e Bob Nastanovich, che in contemporanea stavano spiccando il volo con i loro Pavement grazie a Slant And Enchanted prima dell’esplosione definitiva con Crooked Rain Crooked Rain. Da questo fatto nacque una visione parziale ed errata dei Silver Jews, spesso considerati come un side-project minore dei Pavement.
La realtà è però ben diversa: il carico del songwriting e delle idee alla base della musica dei Silver Jews era infatti totalmente sulle spalle di Berman, con i due “marciapiedi” a supportarlo in nome dell’amicizia e della condivisione di alcune idee artistiche, prima fra tutte quelle dell’approccio lo-fi alla registrazione.
Cosa c’era di diverso nella musica di Berman? Un approccio meno pop, meno legato alla ricerca melodica rispetto a quello dei Pavement, ma più rock, se così vogliamo definirlo, discendente dal blues e dal country-folk, con la chitarra a disegnare scampoli di canzone in bassissima definizione. Tutti i brani contenuti in questo Early Times, originariamente presenti in due EP, Dime Map Of The Reef e The Arizona Record, furono infatti registrati con mezzi poverissimi, spesso tramite un walkman in salotto.
Soprattutto i primi cinque brani, quelli di Dime Map, rivelano una grezzezza pura e scevra di quasi ogni sovrastruttura musicale, con spigoli che emergono a volte improvvisi, come accade per esempio nel brano migliore del lotto, e a suo modo il più complesso, cioè SVM F.T. Troops.
I brani di The Arizona Record sono invece più legati a una qualche idea di ordine e di forma canzone, guardando a canoni rock senza perdere la carica rozza e a bassa fedeltà, oltre il garage, come ad esempio nella chiassosa I Love The Rights, nella più compatta West S o nella caracollante e vagamente velvetiana Wild Palms. Ed emergono anche momenti più pop, come a dire che i Pavement non erano totalmente lontani, come in Jackson Nightz o in Welcome To The House Of The Bats, tra coretti da spiaggia e richiami al Dunedin Sound che stava facendo proseliti in quegli anni.
Poi, col tempo, i Silver Jews sarebbero diventati altro, dedicandosi a musica più ragionata ma forse meno sentita. Ma questa è un’altra storia, che ai giorni in cui ci riporta Early Times non si poteva nemmeno intuire.