Il secondo Full lenght dei Danesi Slaraffenland esce tra circa una settimana per la Rumraket e viene distribuito in italia da Widerecords. Il nome della band significa qualcosa come “latte e miele” ma è decisamente lontano dall’universo sonoro del quintetto di Copenhagen. Private cinema è un’urticante esperimento a metà tra il riffing dei Sonic Youth che recuperano Kim Fowley e un tribalismo Jazz e contemporaneistico distillato da una versione brutale e rozza dei Boxhead Ensamble. L’elemento che sorprende è la capacità di mantenere frammenti di potenza e lusinghe di miele pop in un contesto che tende a dissolverli ora nei Can più brutali, ora in una versione tribale dei Village of Savoonga con quella tendenza a costruire un tappeto di fiati saturo e violento che ha sicuramente più di un riferimento con il jazz presemantico dei primi Animal Collective. In effetti l’esasperazione di un universo alieno fatto di rotture e riff disintegrati da satelliti corali al limite con una tradizione popolare difficilmente decriptabile, mostrano una via verso un folk legato a contesti ancestrali. La bellissima You Win, per esempio avanza con la minaccia di un drumming industriale e procede verso il baratro di un tribalismo infinito, fatto di interferenze e ossessioni spiraliformi, in un certo senso l’esatto contrario dei minimalismi insistiti e ricercati; quello che conta è la qualità performativa di Private Cinema, dove anche un brano apparentemente derivativo come rod, è in realtà una brutalizzazione delle sovrapposizioni alla Glenn Branca, completamente deprivate di quella chirurgia (a volte davvero estetica) che caratterizza le produzioni in odor di simmetria. Del resto, Ghosts, l’unico brano che potrebbe arrendersi alla salvezza nella forma di un Glig Glo fiabesco procede verso l’orrore di una marcia tribale, fatta di interferenze e difetti di sintonia. Alcuni samples in preascolto del nuovo lavoro di Slaraffenland si ascoltano dal profilo myspace della band.