L’Islanda sconnessa e vulcanica riesce a serbare qualcosa di diverso dai giganti Sigur Rós. Sóley Stefánsdóttir, non foss’altro che solo per il nome, è palesemente di un altro mondo, e We Sink lo dimostra in ogni singola traccia. Non sto parlando di vie alternative al cantautorato folk-pop, ma piuttosto di voli melodici meravigliosi, come se Sóley prendesse per mano il piano, le chitarre e la batteria e le traghettasse tra i fiordi e le montagne, le immergesse nell’aurora boreale. Non è tutto delicato, si prenda Dance ad esempio, con le ritmiche puntuali. La voce soffice di Sóley sa quando imporsi, sa soffiare dentro le architetture melodiche e dar loro un’anima e un’integrità. Talvolta l’elettronica e il missaggio volutamente caotico come per And Leave e The Sun Is Going Down I da un taglio spiovente, più malinconico, come se si passasse una zona d’ombra, ma che scompare dopo poco per ritornare alle solari e illuminate ballad. Chissà che incontro potrebbe scaturire con la furia e la solarità più anglosassone di un’altra solista altrettanto capace, Carlot-ta. Nel mentre, il naufragar ci è dolce in questo mar.