Una bordata sonica di chitarra, nemmeno troppo a tempo. Un cantato a denti stretti. Una batteria che s’ammoscia ogni 4/4 e poi riparte. Così i canadesi Suuns lasciano che inizi il loro secondo disco, in Powers of Ten. E ricominciano da capo già nella seconda canzone. Si trasformano, cambiano identità, dal math rock passano alla suadente pop dance di 2020, minimale ma terribilmente catchy e nineties. E si riparte. L’aggettivo poliedrico si spreca, se costruissero un disco di 40 tracce probabilmente sarebbero ugualmente una diversa dall’altra. L’alternative rock che esce dal cosiddetto “genere”, che non si imbottiglia, nemmeno nelle atmosfere. Passati quei quattro minuti precisi attacca Minor Work, sintesi di Beak, The xx e New Order senza felicità. I mormorii di Ben Shamie materializzano ectoplasmi, non melodie vocali. E’ sensazionale come il gioco di sottrazione alla fine non toglie via la polvere spazzata, ma la metta sotto al tappeto: sottostrati impercettibili formano un cumulo di macerie che è il post-rock anni ’10, fatto di kraut riciclato, accenni di chitarra, sirene di synth. E, come già detto, si finisce di dare una minima definizione di ciò che si è appena sentito che arriva la ventata che scompiglia tutte le carte in tavola. In questo caso Mirror Mirror, sorta di There There anticipata ai tempi di The Bends. Senza contare che ci sono variazioni melodiche e entrate ed uscite di strumenti senza avere il tempo di potersene accorgere. Edie’s Dream è il lato B della precedente in odore di rap, anche grazie al basso a dare la ritmica necessaria, con una psichedelia in stile Neutral Milk Hotel. Sunspot mescola indie e jazz, è un episodio minore. Bambi potrebbe scatenarsi come una furia ed invece si tiene alla larga dall’esplodere, procedendo come una samba schizofrenica. Holocene City ha lo stesso incedere di Edie’s Dream, più bluesy e sotto calmanti. Tutto il disco si tiene in piedi come un adolescente forzato a cure psichiatriche. La title-track sembra l’unico momento di pace, la visione della fuga, ma poi gli stessi Suuns ci ricordanco che Music Won’t Save You, la musica non ti salverà. E come i sogni che accadono di nuovo degli Husker Du, così la coda finale di questo disco non lascia soluzioni, solo macerie, di varia forma, misura e stazza, ma sempre pezzi di qualcosa che fu e adesso non è. Ultima nota: plausi alla Secretly Canadian per le uscite innovative di questi ultimi mesi.