venerdì, Novembre 22, 2024

Tara Jane O’Neil and Nikaido Kazumi – s/t (K Records, 2011)

Affinità elettiva. Compagne di tour in Giappone da cinque anni, Tara Jane O’Neil e Nikaido Kazumi non parlano la stessa lingua, ma hanno mille altri modi per comunicare. Il disco nasce nel 2008 durante una one-day session d’improvvisazione, con l’aiuto di un paio di amici, le loro chitarre, qualche oggetto da prendere a colpi e una stufa a petrolio. Solo due anni dopo le due si riuniscono per lavorare di nuovo a quel materiale grezzo, questa volta nelle vuote stanze di una villa vittoriana e con un equipaggiamento di base. Le idee si sono ampliate, grazie anche al ricorso a pantomima, battiti di mani e disegni, altra nota passione di Tara. Hanno così preso corpo dei pezzi più strutturati, nonostante in tutti rimanga ben percepibile la loro natura improvvisata. L’impatto “fisico” della composizione si sente nell’intero album forte e chiaro: anche in questa collaborazione come in tutto il repertorio solista di Tara troverete atmosfere oniriche borderline e quel senso di sospensione spaziotemporale che contraddistinguono la sua musica, mai solo prog, solo folk o psych rock. Eppure questo disco rompe la continuità della sua discografia, che avevamo lasciato con il meraviglioso A Ways Away del 2009. Quella sorta di liquido amniotico sonoro in cui la musica e la flebile voce di Tara sono solite avvolgere l’ascoltatore viene qui “turbato” da alcuni interessanti elementi, primo su tutti il rumorismo pulsante di alcuni brani (l’inquietante 4 Trains, quasi una danza macabra, il ritmo tribale di Say Yah, gli oggetti colpiti in assoluto silenzio di Bell and Pop). Squillante e cristallina, la voce di Nikaido si amalgama alla perfezione alla dolcezza di Tara ed è interessante percepire una vocalità così distintiva al lavoro su un disco di Tara Jane O’Neil. L’album, specie nei suoi episodi più circolari, ripetitivi in modo quasi propiziatorio, richiama una fisicità teatrale, la danza contemporanea senza ombra di dubbio. Si ha proprio la sensazione che siano più i corpi che gli strumenti a sprigionare quei suoni, ed è tutto dell’ascoltatore il compito di lasciarsi travolgere e trasportare in spazi inimmaginati. Riverberi, echi, fischi degni di un acufene, pronti a scomparire nel tepore di un sussurro o di un sognante tapping di chitarra. Due brani racchiudono al meglio l’alterità del progetto, la splendida Ruh Roh e i quasi sei minuti di Nursery. Impossibile seguire la chitarra di Tara senza perdersi nei sussulti, nel mare di cimbali e nei disarmanti cori finali. Da provare.
Tara Jane o’neil su myspace

Nikaido Kazumi su myspace

 

Giuseppe Zevolli
Giuseppe Zevolli
Nato a Bergamo, Giuseppe si trasferisce a Roma, dove inizia a scrivere di musica per Indie-Eye. Vive a Londra dove si divide tra giornalismo ed accademia.

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