Bolognesi, un esordio datato 1995 e un attesa lunga quasi otto anni dall’ultimo album. Poi, in un’atmosfera dall’agrodolce sapore radical chic, salta fuori un mondo spesso poco battuto che è quello dell’ elettronica (quasi) underground di casa nostra, e questo “pain tntnment” dei Technogod, o come lo si vuol intitolare, visti tutti gli altri nomignoli che si danno Loz e Y:dk, che, per chi si occupa del genere, non sono certo nomi nuovi (guardatevi i loro myspace, nella bio e fatevene un’ idea), anche se l’ impegno artistico era ultimamente stato spodestato da una intensa opera di produzione altrui, di accompagnamento a personaggi di chiara fama e di fonici di primo livello. Un album che mette insieme diverse anime, forse troppe, condito dagli interventi di ospiti di non secondario spessore (Tying Tiffany, Francesco “Fresh Drumma” Brini, lo scrittore Girolamo De Michele). Si rammenta una blanda sperimentazione dei primi ottanta, come per esempio i Talking Heads in alcune tracce, una citazione di Battiato, ma è soprattutto l’ elettropop di seconda (e terza) generazione a farla da padrone, su tutti James Murphy e i !!!. Dicevamo un album molto vario, che non tende a nascondere una dichiarata maestria nel lavorare con i ferri del mestiere, ovvero plug in, sintetizzatori, compressori e quant’ altro, financo strumenti “veri” resi irriconoscibili da effetti e distorsioni. Un album spendibile e vendibile, che però non appare al fiore degli anni, e delle idee. Non arriva quindi come una ventata di primavera, ma se la caverebbe di gran lunga nei locali più esclusivi dello stivale. Lo assolve poi da ogni colpa l’ ironia che pervade l’ intero lavoro, puntuale ed acuta, seppur di non facile intuizione. Insomma parliamone bene, con riserva.
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