Prendere suoni particolari, intuizioni degne di nota e atmosfere interessanti dalle varie sfaccettature del rock è il presupposto necessario per emergere ed imporsi come band o solista. Non è detto però che ogni elemento, preso dal suo contesto, riesca a dare un’amalgama se non omogenea perlomeno appetibile, con i difetti del caso. Con questo esordio intitolato This Is The Computers, i Computers, appunto, aspirano al punk senza accettarlo in tutte le sue componenti, danno impressione di essere passati dall’indie rock prendendo le strutture melodiche e rigettando le restanti parti, suonano garage e rock’n’roll senza la classica sporcizia del suono. Il risultato suona strano ma non repellente: le chitarre sferraglianti seguono le logiche neoclassiche del rock in stile Jim Jones Revue (intervistati da questa parte su indie-eye), mentre invece il cantato sfibra letteralmente le corde vocali con urli alla Brody Dalle dei Distillers. Gli impomatati e di bianco vestiti Computers, come allievi moderati dei Kraftwerk (nelle tinte ma non nell’impatto), incasellano undici tracce ben assortite, radicali nel loro modo di porsi all’ascoltatore. La parentela più vicina è con gli Hives, ma l’intruglio rock-hardcore potrebbe comunque rimanere difficile da digerire. Per moderati con voglie di trasgressione.