E siamo a due. Dopo i Majakovich, ecco spuntare dalla penisola un altro grande disco rock dal respiro internazionale, che non sfigurerà accanto ai nomi più blasonati, europei ed americani. I Lovely Savalas, per mettere subito le cose in chiaro, hanno scelto di affidarsi ad una etichetta indipendente californiana, la Above Ground Records, e si sono circondati di ospitate illustri per la realizzazione di questo disco: Nick Oliveri (Queens Of The Stone Age, Mondo Generator) Scott McCloud (Girls Against Boys), Xabier Iriondo (Afterhours, A Short Apnea). Disco suonato e prodotto benissimo, si compone di 13 tracce per più di 50 minuti di musica; ed è difficile definirla, la musica contenuta qui dentro. Diciamo che è una sorta di piccola enciclopedia illustrata dell’indie rock e dell’alternative di metà anni 90, con qualche salto negli anni zero per andare ad acchiappare e fare proprie alcune delle cose migliori del brit rock. Non sono stato abbastanza chiaro? Proverò a spiegarmi meglio. Facciamo insieme questa ricetta: prendete il grunge non depresso, quello più imbastardito col power pop di gente come Stone Temple Pilots e Urge Overkill; aggiungeteci un tocco di post-stoner alla Queens Of The Stone Age; arricchite il tutto con un’abbondante spolverata di complessità strutturale affine con una certa idea di prog, ma come potevano intenderlo gente come i Biffy Clyro dei primi album, ovvero: strutture complesse e da rompicapo, ma sporche, distorte e scevre da barocchismi; diluite quindi con melodie british stile primi Radiohead/Soulwax (chi se li ricorda, questi ultimi?), ed insaporite con un pizzico di indie-pop evoluto (ma più robusto) alla Pinback. Se potete, cucinate in riva al mare, canticchiando i brani a voce alta. Il risultato? Vi assicuro che vi entusiasmerà, e soddisferà abbondantemente i vostri palati. Pornocracy non ha momenti di debolezza, ed è un grande pregio, considerato il notevole minutaggio complessivo; difficile citare dei brani piuttosto che altri, ma dovendo scegliere, opterei per il refrain di Dive, per l’intensa nostalgia di Desert Of December, per la potenza e gli stop and go da montagne russe di The Others.