Si sa che da New York arrivano spesso le novità più entusiasmanti. Meno consueto è invece che una band che si è espressa sempre a buoni livelli sia capace, al quinto album, di un tale scatto in avanti. “You & Me” è una sorpresa. Dove ciò che sorprende non è tanto la qualità della proposta musicale dei Walkmen – già dimostrata ampiamente nelle precedenti prove, quanto piuttosto la continuità di un album che non ha un momento di cedimento dalla prima all’ultima canzone (e ce ne sono ben quattordici). Rispetto al passato The Walkmen si rivolgono oggi con più fiducia alla tradizione di un suono folk-rock che qui si fa epidermico e urgente, sognante e inquieto, senza però rinunciare alla consueta propensione ad arrangiamenti spigolosi e stratificati anche quando si presentano sotto le rassicuranti (e mentite) spoglie della ballata classica. La chitarra di Paul Maroon è nervosa anche quando si lascia andare ad arpeggi dal morbido suono vintage, il basso di Peter Bauer tondo e incalzante costruisce trame sul drumming solido di Matt Barrick, mentre spesso è all’organo di Walter Martin che spetta il compito di ricondurre il tutto a un’unità su cui la voce di Hamilton Leithauser (incontenibile dal vivo) ha buon gioco nell’inserirsi finalmente con padronanza assoluta. “In The New Year” in questo senso è forse l’esempio migliore e riuscito (oltre che una delle canzoni più belle ascoltate quest’anno); l’espressività e la potenza vocale di Hamilton, mai sopra le righe, è molto bene messa in evidenza in un brano come “New Country” dove le linee melodiche del cantato si intrecciano alla perfezione sul solo incalzare dell’arpeggio di chitarra; brani come “On The Water” e “I Lost You” mettono in evidenza la suggestione per paesaggi sonori desertici e morriconiani affini a quelli dei Calla (band con cui hanno condiviso uno split oltre che, qui, la produzione di Chris Zane), mentre ad arricchire il già composito spettro sonoro dei Walkmen brani come “Red Moon” e “Canadian Girl” segnalano una componente soul che impone Leithauser come un improbabile quanto felice ibrido tra Otis Redding e Thom Yorke. Oltre al missaggio del già citato Chris Zane, si nota anche la produzione di John Agnello, ‘mostro sacro’ degli anni ’90 già al mixer per band come Dinosaur Jr., Jawbox e Sonic Youth (tra le altre). Pubblica Gigantic.