Fin dalle prime note della funerea New Colony appare chiaro come, con il recente Dark Days, White Nights, la hardest-working-woman-in-the-(italian?)music-business conosciuta ai più come Tying Tiffany intenda seguire le orme di People’s Temple. L’electroclash ammiccante degli esordi è ormai poco più che un ricordo, il sound si orienta in maniera sempre più convinta verso lidi new wave e goth. Rispetto al predecessore l’uniformità stilistica è persino maggiore, con una decisa preponderanza dei pastosi sintetizzatori sugli strumenti a corda e uno sbilanciamento verso umori crepuscolari che, a tratti, ricorda certe atmosfere di casa 4AD. L’artista padovana dimostra anche di aver compiuto sorprendenti progressi a livello vocale, non limitandosi esclusivamente ad urlare e cimentandosi vittoriosamente con composizione stratificate e complesse (la brumosa 5am e White Night ne sono un esempio). C’è da dire, tuttavia, che l’album stupisce meno di quanto aveva fatto il predecessore. Sarà che l’effetto sorpresa è difficile da replicare, sarà che alla lunga la ripetitività degli arrangiamenti stanca, sarà semplicemente che – nonostante qualche brano ben piazzato – manca un singolo bomba come Storycide (non per niente utilizzato in un episodio di CSI Las Vegas). Per quanto ben scritto e ben suonato, insomma, DDWN fatica ad imprimersi nella memoria dell’ascoltatore e lascia dietro di sé un ricordo impalpabile, come le atmosfere nebbiose evocate dal suo ascolto.