La ex suicide girl e stelletta dell’electroclash italiano Tying Tiffany giunge alla sua terza uscita, licenziando per l’etichetta Trisol Peoples Temple. L’album mostra tinte decisamente più fosche rispetto ai predecessori, a partire dalla copertina che vede l’artista padovana ritratta nelle vesti di una sacerdotessa oscura e perversa. Il titolo rimanda peraltro alla setta del reverendo Jim Jones, che nel 1978 a San Francisco spinse i propri fedeli al suicidio di massa. Il concept affrontato dalle dieci tracce è proprio quello del condizionamento mentale; le conseguenze catastrofiche che derivano dalla costruzione del consenso vengono analizzate per raccontare la società contemporanea, caratterizzata dall’assenza di valori e dalla ricerca spasmodica di (false) sicurezze. Coerentemente al tema trattato, l’asse dei riferimenti musicali si orienta a favore del gothic rock e dall’electrowave anni ’80, generi che costituiscono da sempre influenze dichiarate della cantante ma che mai prima d’ora erano stati omaggiati tanto apertamente. I colpi della batteria e il riff monocorde di 3 Circle riportano alla mente i gloriosi Sisters of Mercy mentre Show Me What You Got, che pur si muove su coordinate simili, insiste maggiormente sulle componenti industrial del suono. I ritmi si sono fatti più cadenzati e brani come Storycide o Borderline, debitori dei Depeche Mode più oscuri, trasudano sensualità malata; altrove (Miracle, Cecilie) si arriva addirittura a sfiorare certo pop da classifica. Anche laddove viene recuperato l’impeto techno-punk tipico del passato (Lost Way, Still in my Head), la consapevolezza melodica che guida la composizione è indubbiamente maggiore. In definitiva, Peoples Temple è certamente un lavoro gradevole che – complice anche una durata complessiva appena superiore ai 30 minuti – scorre nel lettore senza alcuna difficoltà. Aspettiamo adesso Tiffany al varco della prova live.