Unòrsominòre. è Emiliano Merlin (conosciuto anche come Kappa), cantautore veronese già famoso come chitarrista e voce dei Lecrevisse. Nel 2005 decide di dare vita a un nuovo progetto cantautorale e nel 2009 produce il suo album d’esordio. L’anno successivo pubblica per Minollo Tre canzoni per la Repubblica italiana, reinterpretazioni in chiave acustica di Povera patria di Franco Battiato, La domenica delle salme di Fabrizio de Andrè e Quando lo vedi anche di Giorgio Gaber. Il 3 ottobre di quest’anno esce per Lavorare Stanca, Fosbury e Audioglobe La vita agra, prodotto da Fabio de Min dei Non voglio che Clara.
Il titolo è tratto dal famoso romanzo di Luciano Bianciardi nel quale si racconta la storia di un giovane intellettuale della provincia, trasferitosi a Milano per cercare lavoro nella nascente “Industria Culturale”. Nei suoi intenti c’è però la volontà di far saltare il Torracchione (il palazzo dove ha sede la dirigenza di un’azienda mineraria) e vendicare così alcuni minatori rimasti uccisi. Il protagonista verrà lentamente fagocitato dalla realtà che lui stesso aveva individuato come responsabile delle condizioni di sofferenza di decine di lavoratori.
Il nome La vita agra è il punto di partenza per parlare delle attitudini del disco, caratterizzato da sonorità aspre, ruvide e ridotte all’essenziale. La musica è cantautorale senza fronzoli, con alcuni brani che ammiccano ai suoni più elettrici che furono dei Lecrevisse ( Testamento di Giovanni Passanante, anarchico italiano) o al rock beat seventies (Perfetto così); il singolo di lancio Perdenti più sani invece, con le sue melodie pop, interviene a sciogliere la tensione emotiva del cd.
L’architrave che regge l’album è il rifiuto di canzonette, compromessi e facili approssimazioni (canta ne La vita agra II “tu mi conosci/ tu lo sai quanto detesto l’approssimazione/ un apostrofo non è un accento mai”) Come dice lui stesso in un’intervista “Di canzonette leggere è pieno l’etere, il rifiuto della pesantezza intesa come densità, sostanza, è un altro dei miti di plastica degli ultimi decenni. E no, non vale la replica del “non è necessario essere pesanti per denunciare”; è ora di dire le cose chiaramente, senza ammiccare, senza indorare la pillola. È ora di dare sberle, abbiamo sorriso e ci siam dati bacini abbastanza”. A questo proposito non risparmia stoccate a un certo tipo di musica italiana d’autore, come Carlo Pastore o Dente (”Con il ciuffo d’ordinanza/ corriamo a fare presenza”).
I testi sono la parte centrale dell’album. Già la scelta del titolo evoca un certo tipo di immagini e tematiche. Per prima cosa Unòrsominòre. non ricerca spensieratezza, anzi rifugge da tutto ciò che può in qualche modo ricollegarsi a un’idea di leggerezza (esempio è quanto riportato sopra sulle canzonette). La riflessione sul mondo che ci circonda è schietta e severa, senza illusioni o facili scappatoie. La vita agra è una presa di consapevolezza sempre maggiore e costante di una realtà in cui tutti siamo responsabili e coinvolti: “Non esser conscio è esser complice” dice ne Il mattino del 26 luglio, oppure “Parliamoci chiaro/ chi parla di calcio non è innocente”.
La tesi è che non ci sia una reale volontà di cambiare il mondo in cui viviamo. Canzoni come Celluloide o Perfetto così raccontano bene la rabbia e l’amarezza che prova il cantautore ferrarese. Il disco è un affresco sincero, a tratti sconsolato, della difficoltà di vivere ai nostri giorni. La traccia conclusiva La vita Agra II è un ultimo disperato appello a resistere all’insensatezza dilagante, lasciando però spazio a un briciolo di confortante speranza: “Tu ricordami chi sei/ stammi vicino se appena puoi/ se il buio mi confonderà/stancherà gli occhi e le mani/ tu riportami a casa anche stasera, anche domani/ e adesso non muoviamoci più/impariamo a non muoverci/a restare immobili/ ad esser fermi spietati e lucidi/ impariamo a non esser complici/ cominciamo a rinunciare/ a non collaborare/ a non collaborare/ a non collaborare ”.
Un conforto che si può anche chiamare amore.