I bolognesi Vanderlei esordiscono con L’Inesatto, un album decisamente indie rock. Lo fanno accompagnati dalla preziosa produzione di Paolo Benvegnù, che ne segue anche la direzione artistica. Nella composizione, stilisticamente parlando, non si può certamente ignorare la concentrazione di assonanze con gruppi della scena indie italiana, che hanno musicato i primi anni novanta fino ad oggi. Si avvertono, nitide, le volontà testuali introspettive fedeli ai meccanismi degli Afterhours o dello stesso Benvegnù, Santissimo Subito, ne è dimostrazione palese, o l’atmosfera fatata avvolgente in Cedere che appartiene molto ai La Crus. Non mancano aperture in chiave post rock, le quali consegnano i suoni a registri più ruvidi e spiccati che, durante l’ascolto di Il Dunque, sono facilmente sovrapponibili a quelli di Giorgio Canali. Si respira una provvidenziale tensione, avvalorata dalle atmosfere sonore che i Vanderlei riescono a proporre, concentrando il baricentro di questo disco, in una sorta di astuccio viscerale così intimo da risultare quasi impenetrabile. Un lavoro che segue una scia fortunata che pare dissolversi lentamente ma che, senza dubbio, aiuterà a coglierne, nuovamente, le sfumature più compiante. Bel prodotto che si distanzia valorosamente dai concepimenti offerti oggi dalla discografia italiana, dimostrandosi un esordio che non teme il salto nel buio.