Nello spazio di trenta giorni, la luna compie e esaurisce lo spettro delle proprie fasi. Nello spazio di poco più di trenta minuti, i Vegetable G completano la propria escursione negli spazi eterei dell’astro-pop. Che l’ensemble di Monopoli fosse incline a cantare di sogni fatti ad occhi aperti, lo si era già capito con Calvino, disco del 2009 non a caso intitolato al visionario scrittore. Con L’Almanacco Terreste, i Vegetable G continuano a brandire fieri l’insegna del genere pop, ma sfoderano a sorpresa l’arma della lingua italiana. E il cambio di idioma non è cosa da poco. Addentrandosi nelle caratteristiche della lingua, i Vegetable G hanno dovuto esplorare nuovi percorsi e modi per unire la parte strumentale a quella cantata. Abbandonate le qualità tipicamente ritmiche della lingua inglese in favore di quelle melodiche dell’italiano, la band pugliese ha realizzato un album colmo di suoni morbidi, ellittici come le orbite dei pianeti che in esso vengono cantati e che si attraggono l’un l’altro a colpi di rima baciata. Una ricca partitura di chitarre, bassi, tastiere, archi, fiati che vede, e vanta, la collaborazione di Enrico Gabrielli per gli arrangiamenti e per le orchestre dei fiati. Ed è così che nell’album fluiscono i suoni incantati dalle corde di viola e violino, come nel caso de Il Giardini Delle Sfere, o dal sapore tanto fiabesco che ci si aspetterebbe di vedere materializzarsi Puck o Oberon (L’Almanacco Terrestre). Il pop lindo de L’aritmetica Che Non Capisco, l’interpretazione quasi sussurrata de L’uomo di Pietra, i richiami ai suoni a 16 bit di inizio anni 90 (L’Idea Del Plancton) accostati al rock recitato alla Battiato in Galaxy Express. I Vegetable G decidono di giocare con l’ambivalenza della gravità, parlando del senso di liberazione che può dare la sua assenza o della pesantezza cupa e limitante di cui può essere portatrice (L’uomo di pietra); descrivono le orbite fra i pianeti come viaggi sentimentali tra aspettative future e dubbi latenti, ricordano incontri benefici come medicine e altri portati avanti solo dall’inerzia o da un timone rotto (Le Avventure Dell’Oblò). L’Almanacco Terrestre è un compendio della fantasia, ottenuto chiudendo in uno scrigno le impressioni più o meno belle che transitano nel mondo blu e affidando tutto all’eternità delle stelle. E del resto, de-sidera non è mai a caso.