Home Generi-ci Folk William Fitzsimmons – The sparrow and the crow (Groenland Records, 2009)

William Fitzsimmons – The sparrow and the crow (Groenland Records, 2009)

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Ho sempre pensato che un caldo asfissiante ed appiccicaticcio sia di gran lunga peggiore di un freddo rigido e pungente. Molta più poesia dentro un cremoso, bollente e lungo caffè piuttosto che nella colata densa di una granatina acquosa al soffio posticcio di un fresco climatizzato. Si, è vero…l’ho sempre pensato ed adesso sembra così specioso ribadirlo all’alba di un estate che si preannuncia caldissima (non foss’altro per non far torto ad un inverno da records). Fianco porto dal disco dell’irsuto folk-singer William Fitzsimmons e dal suo The Sparrow and the Crow che in maniera dolce e parecchio indulgente mi riporta proprio a tutti quei pomeriggi in cui, un plaid come unico amico, ho scorto il paesaggio attraverso le gocce d’acqua scroscianti, parecchio mistificatrici dei contorni delle cose. In soccorso la caducità delle immagini legate al tempo ed ai ricordi di un benessere rapsodico ma efficace. Rapsodiche ed efficaci infatti, proprio come lo sono le dodici tracce che prendono vita in questo album, a tratti incantevole. C’è un percorso fatto di tribolazioni, rinascite, amarezze e slanci come quelli di un cantautorato senza orpelli e similoro ma altresì capace di rendere chiaro ed evidente un vissuto che traccia un solco indurito dal tempo come fosse creta. Medito dunque sul centellinare di acustiche amabili come quelle di I don’t fell anymore (song of the sparrow), Please forgive me (song of the crow) o ancora They’ll never take the good years, banjo sinceri ma mai pedestri come You still hurt me, piani opportuni come After Afterall o tutto insieme con timide derive di folktronica (If you would come back home) amalgamate alla voce mesta e sofferta di Fitzsimmons e sporadici ma efficacissimi inserti in cui fa capolino l’ugola della bella cantautrice folk californiana Priscilla Ahn (anch’ella unitamente al nostro Fitzsimmons tra gli artisti della soundtrack di Grey’s anatomy). Elegante. Soffice. Denso. Un transiente esplicito tra il sadcore di Elliott Smith ed i Low, Drake e i Radar Bros. Una sensazione empatica di conforto che palesa come ancora la nota giusta al momento giusto possa dare sollievo.