10 anni e cinque dischi. La produttività non mancherà di certo a Paolo Messere, mente e padre fondatore dei Blessed Child Opera, realtà tutta italiana, aretina per la cronaca, che aspetta ancora la consacrazione finale (ma la starà aspettando davvero, o è solo una buona prassi fare dischi di qualità?). Ad ogni disco non si saranno formate folle oceaniche ad acclamare, ma la critica continuamente si prostra, quasi a pareggiare lo scompenso ingiusto. Ma sarà davvero così? Verrebbe da criticare qualche piccolezza, uno scivolone anche impercettibile, solo per smentire tutte le buoni voci che circolano. Ma c’è un ma. Non ci sono scivoloni, non ci sono piccolezze, dettagli degni di nota che possano far storcere il naso o far stridere i denti. Fifth per questione d’esperienza o di abitudine (ripeto, una buona abitudine) viaggia per la sua strada malinconica, figlia di chitarre acustiche e pianoforti appena sfiorati. La freschezza di un’alba si mescola alla cupezza di un tramonto per dare vita a episodi brillanti: talvolta (nell’apripista Nothing Is In Place When It Should) si odono i già citati altrove Radiohead di quel pezzo di storia nascosto che era The Bends, in altri momenti la robustezza del suono riporta alla colazione psichedelica dei Pink Floyd di Atom Heart Mother. Aleggia sopra il disco la disperazione degli Smiths ma anche la forza di rialzarsi, come in I Will Find. Da Ruby Light in poi lievi archi e fiati sollevano le chitarre, nelle melodie che sembrano concludersi in vittoria se non fosse che la vittoria non arriva mai e l’incertezza matura sempre. Delle liriche riporto solo una frase, che dovrebbe far valere sulla fiducia l’uso consapevole dell’inglese e della poetica in generale: what to do with all these words if you do not use them as love songs for you. Per trovare qualcosa da ridire bisognerebbe solo essere detrattori del genere, ma in tal caso l’obiettività andrebbe a farsi fottere solo per dei gusti personali. Fifth conferma la creatura Blessed Child Opera come viva e pulsante, capace di rinnovarsi e credere in se stessa, per la quinta volta.