Utopie e piccole soddisfazioni è il nuovo album di Bologna Violenta, lo pseudonimo scelto da Nicola Manzan per il suo progetto solista. Un disco forte, costruito su sonorità estreme da cui emergono improvvisamente isole che rimandano alla classica, alla musica etnica e a mille altri riferimenti, in un gioco di rimandi ironico ma non così tanto. Abbiamo quindi cercato di capire parlando direttamente con Nicola in occasione del suo concerto al Leoncavallo, lo scorso 16 febbraio 2012. Gli abbiamo chiesto cosa c’è dietro il mondo di Bologna Violenta, un viaggio che ci ha portato dagli Anvil a Ligabue, dal cd al vinile e ritorno.
Partiamo dal titolo del nuovo album, Utopie e piccole soddisfazioni. Quali sono le tue utopie e quali le tue piccole soddisfazioni?
Le utopie non sono tanto le mie, quanto quelle del mondo in generale. Quindi quando penso alle utopie penso a sconfiggere la fame nel mondo, risolvere i mali del pianeta, cose del genere. Poi ci sono anche altre utopie che viviamo ogni giorno: mi viene in mente ad esempio il film documentario sugli Anvil, il gruppo metal anni ’80. Loro hanno questa utopia di essere un gruppo metal classico, che ha avuto successo negli anni ’80; hanno l’utopia di riuscire a farcela, ma se lo guardi ti rendi conto che non hanno assolutamente idea di come farlo. Alla fine riescono ad avere una piccola soddisfazione, che è quella di stamparsi mille copie da soli. Quello è un esempio, tutti noi vorremmo fare grandi cose, vorremmo essere il presidente della repubblica, ma poi ci accontentiamo.
In questo disco non ci sono citazioni cinematografiche, come invece accadeva nei precedenti, che si rifacevano ai poliziotteschi e ai mondo movie. Sembra però che sia nei titoli delle canzoni sia nei pochi interventi parlati, tu abbia voluto cogliere nella società odierna le esagerazioni che contraddistinguevano quei film. È una giusta interpretazione?
Sì, in parte sì. Diciamo che il linguaggio è rimasto più o meno lo stesso, questo è innegabile. A me piace un linguaggio molto forte, anche quando parlo durante il giorno sono sempre molto colorito. Passo da momenti di grande tranquillità ad altri di grande devasto, in cui mi lascio molto andare. Voglio che la musica di Bologna Violenta rispecchi quei momenti, o anche semplicemente momenti di paura, di incertezza. Nel disco c’è un pezzo che si chiama E’ sempre la solita storia, ma un giorno muori, che è strutturato per seguire la stessa routine ma con un finale triste. È una provocazione ovviamente, c’è questo giro che si ripete e si ripete e si ripete e finisce sempre in maniera diversa per poi ripartire uguale. Potevo intitolarlo Ritornello con furore, ma ho pensato di contestualizzarlo usando quel linguaggio dei film. (continua alla pagina successiva…)