Che una canzone, un disco, un suono possa condurti per un viaggio, breve o infinito che sia, che richiami la propria patria e terra natìa o affronti contrade lontane e solitarie, già lo sapevamo. Ma che si potesse sentire così profondamente con questo Psychobabele non potevo aspettarmelo. I Leitmotiv impiantano per ogni canzone una ricchezza e una varietà che non può far altro che appagare l’ascoltatore. La copertina in questo caso viene d’aiuto, richiamando trame elleniche e i viaggi di Ulisse dal multiforme ingegno; l’artwork interno, di Giuseppe Odd Santoro, svelano la Babele psichedelica e psichica. Sensuali ritmiche accompagnano scale arabiche e egiziane (La mia storia è chiara), tempi dispari (la title-track) e anche più modeste quiete tarante (Napoli minor) e studi country. Inevitabile usare più registri musicali, nel momento in cui i Leitmotiv accolgono a braccia aperte l’idea cosmopolita di una torre popolata da persone che si esprimono in linguaggi diversi sebbene un tempo fossero uniti, ma adesso sono stati puniti per l’ambizione di voler raggiungere il cielo. In questo disco però non si osa come il Battiato del Caffè de la Paix, ma si cerca piuttosto di coagulare varie esperienze di vita e di musica in un canzoni accessibili per ogni cittadino della Torre di Babele. Anche usando stratagemmi linguistici carini ed azzeccati, come per Napoli minor, dove ogni verso termina con la parola Est. Insomma, il disco si propone onestamente come un lavoro complesso, ma non per questo inaccessibile.