giovedì, Novembre 14, 2024

Lo.mo – Il tre nel segno (Zahr Records, 2012)

Non è un cantautorato facile, come oggi pare andare di moda, quello dei Lo.Mo, il gruppo guidato da Roberto Bachtold Binda, già mente dei Bartòk, interessante band dalle venature dark e blues scioltasi oramai una decina di anni fa. Dalle sue ceneri sono appunto nati i Lo.Mo, che giungono con Il tre nel segno alla seconda uscita discografica, a sette anni di distanza dall’esordio camere da riordinare.
I primi riferimenti che vengono in mente ascoltando Il tre nel segno sono il Fabrizio De André più americano (quello affascinato da Dylan e della collaborazione con Massimo Bubola), Max Manfredi (e quindi sempre dalle parti di De André si finisce) e un altro cantautore che ha più di un debito di riconoscenza verso il folk americano, cioè De Gregori. Non a caso i produttori dell’album sono Massimo Spinosa e Lucio Bardi, a lungo bassista e chitarrista proprio del “Principe”, immersi ormai da anni nel suono statunitense virato italiano che contraddistingue l’album.
E non a caso in Notte di segni appare Hugo Race, già alla produzione nel disco precedente, uno che con i suoi True Spirit, pur partendo dall’Australia e vivendo in Europa, ha suonato e messo in poesia il blues, così come non è casuale la presenza di Mauro Ermanno Giovanardi, che da qualche anno ha sviluppato una certa ammirazione per un signore americano di nome Lee Hazlewood e che in Il segreto duetta con Roberto proprio come avrebbe fatto Lee in un brano che pare arrivare da qualche incrocio dell’Oklahoma.
Viste le premesse e i nomi in gioco, Il tre nel segno non può che essere un buon disco, caratterizzato da atmosfere cariche di pathos su cui si adagiano testi riflessivi. Queste caratteristiche fondanti trovano il loro acme nel brano conclusivo, Verso Nord, un vero e proprio viaggio di sette minuti che va a sfiorare territori post-rock dopo aver elencato immagini desolate ma piene di speranza. Ma anche in precedenza non mancano ottimi esempi di songwriting e di scelta dei suoni, come ad esempio Piccola Strada, Saint Remy e la già citata Notte dei segni, che colpisce con la sua semplicità e forza.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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