Dalla Lombardia i Paradisi Noir ci offrono il loro intimo scorcio di musica racchiusa in un album omonimo che sembra ricamato da un eleganza stilistica che sorprende. La poetica di Paolo Onaghi s’incontra con la musica di Cristian D’Oria e Andrea Mottadelli dando vita ad una formazione ( a completare la band si aggiungono Henrico Pantano e Valerio Paronzini direttamente dai Male dei Grace) che propone un rock genuino che attinge ad un blues carico d’intensità. Questo “paradiso nero” è un esperienza di profonda intimità, fortemente pragmatico e intensamente ispirato. Addentrandosi fra le tracce si apprezza la tensione e la capacità di esporsi con lucidità e critica su diverse tematiche; in Kuore si attacca il consumismo estremo che caratterizza l’uomo dove, “l’arringa” di Onaghi, ci rimanda ad Emidio Clementi, quando abbraccia il messaggio dei Massimo Volume. Stesso piglio lo troviamo in Allucinazioni, una visione letteraria, che delinea la volubilità dell’esistenza, una traccia che va a braccetto ad un cadenzato pianoforte che accompagna l’urlo soffocato del singer D’Oria perfetto nell’accostamento e nell’accomodazione dei componimenti in sottofondo. Quando i toni si distendono emerge l’animo più accessibile e diretto dei musicisti, un animo che lascia spazio ad un rock più rilassato e scorrevole, come si apprezza in Fata di Luce e Gira la testa, due incisioni che rilevano un accostamento alle dinamiche che appartengono agli Estra di Giulio Casale. Un percorso di nove tappe che, senza troppi orpelli, elargiscono a Paradisi Noir l’aspetto di un disco perfettamente riuscito. Una prova certa che, nell’underground della Brianza, si smuovono belle realtà capaci di stupire.