La storia dei Peluqueria Hernandez ha due facce: una reale, quella formata dalle vicissitudini del fumettista e chitarrista Mauro Marchesi, ideatore della band, ed una fittizia, quella esclusiva di questo album, Amaresque, che si intreccia con la vita dello sfigato cineasta Holden Rivarossi e delle colonne sonore delle sue pellicole di scarso successo. Infatti Amaresque dovrebbe essere la celebrazione di un regista che per amore e per sbarcare il lunario in qualche modo si finge regista e dal 1969 produce film di bassa lega, con pochi mezzi e nessun riscontro da parte del pubblico. Questo fino alla scomparsa (autocelebrativa?) nel 1975, dove lascia come eredità solo queste 8 pellicole e altrettanti temi musicali, contenuti nel disco. Tutta questa sceneggiata è assolutamente esilarante, soprattutto se si considera che il libretto presenta la biografia completa, dai tratti parodistici e surreali, le locandine dei film e una sommaria descrizione di ogni trama, anch’esse ai limiti del ridicolo. Questa ironia celebra e stempera la seriosità che avvolte accompagna la riscoperta del cinema di serie B di ogni genere: Cuoraccione di Melone sfotte lo spaghetti western, Procopio smonta i peplum con una rilettura pop dell’Odissea, Capitan Mannaggia si avventura nei serial televisivi con protagonisti supereroi di dubbio valore. Detto questo, il packaging e tutto il contorno che colora e rallegra il prodotto non basta a sollevare la qualità del disco. Tutte le canzoni si attestano su un livello compositivo e musicale buono ma non eccellente, un’allure modaiola che non ci permette di rintracciare qualcosa di veramente nuovo. Per intenderci, i Ronin sono molto lontani, per intuizione, spessore e creatività (N.D.R: Guarda la Video Intervista dedicata a Bruno Dorella su Indie-eye REC). Affrontare nuovamente le tracce del disco dopo questa spinta ridanciana necessita di uno sforzo superiore al risultato. Insomma, lode al concept, un po’ meno al disco.