Davide Combusti ha sviluppato e diffuso il suo progetto con semplice caparbietà andandosi a trovare le occasioni e le condizioni per proporre la sua musica soprattutto dal vivo, ovvero nell’unico interregno sopravvisuto alla volatilità dei simulacri virtuali, dove la scommessa per crearsi il proprio spazio non è certo meno reticolare o connettiva; e per far questo si è servito anche della rete in modo positivamente strumentale, intelligente, fuori da ogni abuso compulsivo e senza arrendersi a timori di tipo clericale. La precisione emotiva del suo racconto è in qualche modo già conosciuta (fuori) d/ai confini nazionali, per esperienza diretta e per le caratteristiche della sua musica, che potrebbe essere inserita in un contesto Italiano solo a patto di riconoscerne e riconoscergli un ruolo di sintesi. Se gli ultimi tre, quattro anni di ricerca pop perseguita nel nostro paese in ambito indipendente, segnalano un tentativo di superare un contesto angusto, semplicemente attingendo da radici aliene nella massima libertà creativa e senza troppe reverenze, la musica di The Niro risponde a queste caratteristiche ai massimi livelli, sia per potenzialità compositive che per condizioni produttive. L’incontro con Roberto Procaccini (8ohm) e Gianluca Vaccaro (già produttore per Carmen Consoli) ha significato per Davide un lungo lavoro di produzione e confezione del suo songwriting il cui risultato è quello che costituisce l’ossatura del debutto full lenght. Sorprende sin dal primo ascolto l’aderenza senza compromessi ad un personale mondo poetico, in una raccolta di tredici gemme di drammaturgia pop, dove gli arrangiamenti giocano un ruolo di essenziale arricchimento; apparente contraddizione di un vero e proprio processo di sintesi che non evita la pulizia formale e non cade nella trappola di una postura asetticamente internazionale. La vitalità emozionale dell’orchestrazione, mai ingombrante o sovresposta, costruisce una tessitura di volta in volta funzionale all’ordito cosi che tutta la crudeltà e la dolcezza di un talento vocale tecnicamente indiscutibile possa essere in balia anche di quella incertezza performativa capace di creare illusione, tensione, asperità, dolore. Facile e difficile riferirsi ad un genoma pop che attraversa un prisma di influenze; da queste parti preferiamo la disseminazione all’ancoraggio, e le liste possono avere anche un valore generativo riconfigurabile ad libitum da chiunque, in fondo l’ascolto è anche e soprattutto un gioco di scambio. Se esiste un folk di confine, apolide e deterritorializzato proprio nel movimento nomade, quello di The Niro è forse un pop di confine; pop per una propensione al racconto, anche in termini di struttura dei pezzi, capaci in durate concise di sviluppare derive, sintagmi, climax potentissimi, crescendo che si spezzano in chiusure d’altri tempi, quando i racconti si illudevano e illudevano per un eccesso di fiducia nel desiderio. Vengono in mente le forme contaminate dei Love di Forever Changes e l’intuizione di Elliott Smith nel creare l’arte di un melodramma pop costituito di elementi semplici sottoposti all’emozione dell’imprevisto. E’ il caso di You Think you are e Liar, in equilibrio tra una forma epica e intima, trasformano la forma ballata in un esplosione di pieno orchestrale, mentre la bellissima So different affida a pochissimi elementi l’involucro ellittico che racchiude un percorso fatto di cambi veloci e mutazioni della melodia; creatività che accomuna tracce come Cruel e Mistake; An ordinary man è probabilmente la traccia maggiormente ascrivibile al catalogo dei riferimenti, ma con un’inventiva davvero rara. Se Josee è uno dei momenti più diretti ed essenziali di tutto l’album, lo stesso minimalismo inverte completamente polarità in termini di ambizione con Just for a Bit, una struttura a spirale che cresce puntando dritto ad una forma corale delle emozioni. In questo senso Marriage, già nota ai frequentatori del songwriter Romano, è un brano esemplare; una ballad dai toni oscuri che lascia sullo sfondo echi messicani come se si trattasse di un sole minaccioso, strana estetica western riconoscibile solo per piccole allusioni timbriche; uno dei brani più belli di tutto l’album insieme alla splendida Hollywood, che gode della stessa oscurità inesorabile nella semplicità del dialogo tra chitarra e percussioni, quasi un’associazione per contrasto con le atmosfere soffuse di I wonder, chiusura notturna per il racconto di un malinconico illusionista.
L’album di debutto di The Niro esce per Universal Music l’11 di Aprile
Su youtube è in condivisione il video del primo singolo tratto dall’album in uscita.
Il tour di The Niro per tutta Italia comincia l’11 di aprile, queste le date.
The Niro su myspace lo trovi qui; mentre il suo sito ufficiale è da questa parte.