Cosa ne sarebbe stato delle musiche deformi di ogni epoca, luogo e paese, del progressivo e benigno processo di frittura delle nostre meningi affamate di nuovi colori senza il buon vecchio Kraut Rock? È, però, doverosa una precisazione. Utilizzo questa dicitura per pure questioni di comodo. Personalmente, sono d’accordo con coloro che la trovano parziale e inadeguata, se non ingenerosa e vagamente offensiva; in quanto, facendo riferimento esclusivamente alla collocazione geografica, si applica un’etichetta dal sapore folkloristico-riduzionista a un movimento ampio e variegato, con caratteristiche e sviluppi fra loro molto diversi. Così facendo, si rischia di ridurre l’importanza di artisti che hanno mischiato jazz, minimalismo, ascendenze colte, lasciando un segno in molte delle esperienze a venire. Secondo voi, tutto questo ben di Dio è definibile come “Rock del cavolo”? Suvvia…
Detto questo, accogliamo con grande interesse la ristampa, da parte della collana Esoteric Recordings a cura della benemerita Reactive – Cherry Red Records, di Cluster II – per l’occasione, rimasterizzato e accompagnato da un booklet che riproduce la grafica originale dell’album – secondo lavoro della formazione composta da Hans-Joachim Roedelius e Dieter Moebius (leggi l’intervista rilasciata dal duo in esclusiva per indie-eye.it) Il disco, prodotto, come il precedente, da Konrad “Conny” Plank, accreditato anche come compositore, vide la luce originariamente in Germania nel 1972, per la mitica etichetta Brain. Il duo prosegue qui nell’allontanamento, avviato nel disco di esordio, dal mood proto-industrial della precedente ragione sociale, denominata Kluster, della quale faceva parte anche Conrad Schnitzler, dirigendosi verso lidi elettronici. Inoltre, le tracce sono più brevi rispetto ai precedenti lavori e, altra novità, presentano un titolo.
Il minaccioso ronzio di Plas, scosso da vibrazioni robotiche, introduce Im Süden, dove si ripetono all’infinito le stesse sbilenche note, affondandole in mefitiche paludi elettroniche, gettandole nello specchio deformante di subdoli rumori di fondo che prendono il sopravvento sul tema centrale. Für Die Katz’ è l’albeggiare di una natura cibernetica. Live In Der Fabrik è si snoda come un serpente per quindici minuti, vestendosi e spogliandosi di gelidi droni, anelli di un’interminabile catena. Georgel gonfia una bolla di tensione, lasciandola appesa, irrisolta. Nabitte immerge sincopati interventi del piano in un inquietante ambiente sonoro, fra il sacrale e lo psicotico.
A differenza di altri colleghi conterranei e coevi – pensiamo alla forte componente visiva dei Tangerine Dream, oppure all’orgiastica, tribale catarsi psichedelica degli Amon Düül – i Cluster lavorano sull’interiorità, scavando nell’inconscio malato della civiltà delle macchine. Questa musica sembra documentare l’imminenza di un collasso nervoso: tetre lamentazioni delle sinapsi, tristezza infinita di bisbigli interstellari guizzanti in ogni interstizio, una materia sonora che si espande e si contrae di pari passo con la coscienza dell’ascoltatore. Julian Cope, esegeta e promotore (probabilmente ineguagliabile) della rivoluzione musicale tedesca, si esprime così in proposito: “ […] It can be quite disturbing. It reminds me of the city-scape scenes in Blade Runner with all the dark inhabitants at ground level dodging the shadows but up above the planes, trains etc are whizzing about their business ferrying faceless people to who knows where. Frankly I’m unsure whether this album deserves its place in the top 50 as I don’t like it, but that could be a very good and highly justifiable reason for including it as it achieves its objectives superbly.” Ipse dixit.
[box title=”Cluster – Cluster II (Reactive, Cherry Red – 2012)” color=”#5C0820″]
Tracklist
Plas | Im Süden | Für Die Katz’ | Live In Der Fabrik | Georgel | Nabitte [/box]