martedì, Novembre 5, 2024

Nick Pride & The Pimptones, la foto-intervista @ Indie-Eye – live Arci Biko – Milano 4 Febbraio 2012

Sul sito della Record Kicks c’è questa descrizione: “la band è a suo agio sia in un nightclub rumoroso che in un locale jazz più intimo”. Però, quale preferite?
Io preferisco i nightclub rumorosi. Amo quando a volte suoniamo in luoghi rumorosi, quando siamo tutti sudati e la gente è stretta e fa quasi fatica a muoversi, quelli per me sono grandi concerti. A volte ci capita anche di suonare in posti con i tavoli e le candele, con la gente seduta ad ascoltare ed è abbastanza terrorizzante! Ci sono alcune canzoni che funzionano meglio quando tutti sono sul dancefloor, i pezzi che potrei definire più stupidi, che hanno più groove, mentre ce ne sono altre più intelligenti e da ascoltare con più attenzione. La nostra sfida è scrivere canzoni che funzionino in entrambi i casi, che piacciano al pubblico jazz e anche a quello del dancefloor.

Uno dei miei pezzi preferiti sul disco è Come And Get It. Puoi raccontarci qualcosa su questa canzone?
Ho sempre pensato che per una band sia importante scrivere un singolo, un pezzo che dica “questi siamo noi”; questo è un brano di quel tipo, perché da una parte è abbastanza elaborato, dall’altra ti colpisce diretto in faccia. Anche per questo lo suoniamo all’inizio dei live, per presentarci e dire da subito, in tre minuti, “questi siamo noi!”.

Penso che una delle influenze più evidenti in quel brano e in generale nella vostra musica sia quella dei Meters, una band molto sottovalutata e di cui si sente parlare raramente. Che ne pensi?
Sono d’accordo, ci sono moltissime band che suonano come loro e ben pochi li citano. Però, quando una funk band inizia a suonare, è dal suono dei Meters che parte, dal loro modo di intendere il groove; tu puoi ascoltare i Meters stando seduto a rilassarti, lasciarti conquistare dalla musica, ma anche scatenarti. In questo sono stati i migliori.

La copertina dell’album di chi è opera?
In realtà della copertina si è occupata la Record Kicks, quindi non so rispondere. La cosa ironica per me è che ho studiato all’Art College per diventare un designer, ma poi non ha funzionato. Quindi quando mi hanno detto che dell’artwork dell’album se ne sarebbe occupato qualcun altro ho pensato che avrebbe certamente fatto un lavoro migliore di quello che avrei potuto fare io. E in effetti è andata così, mi piace molto il risultato. (continua alla pagina successiva…)

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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