All’attacco della ferale intro Procession le aspettative sono altissime: tamburi di guerra e minacciosi interventi vocali portano ad ipotizzare derive etno-metal, qualcosa di simile a Roots ma con il ceppo culturale Celtico eletto a terreno di sperimentazione. E invece, come da programma, si tratta di un mero fuoco di paglia. Eccettuato il mandolino che si affaccia timidamente su Made in Belfast, la ventesima fatica dei britannici Saxon riserva ben poche sorprese. A conti fatti Sacrifice ripropone i medesimi stilemi su cui il gruppo ricama da 35 anni a questa parte. L’assoluta fedeltà che gli eterni secondi della New Wave of British Heavy Metal dimostrano verso il proprio stile riflette quella dei più famosi colleghi Iron Maiden. Una caratteristica che ha garantito ad entrambi i gruppi il sostengo incondizionato della propria fan base, ma che porta il sottoscritto a chiedersi quale motivo di interesse potrebbe mai riservare un album come questo. È pur vero che, ad un secondo ascolto, i genuini propositi di rinnovamento dei cinque risultano più chiari; ma è proprio allora che le cose si fanno veramente imbarazzanti. Come illustrano le note di copertina, la rinnovata aggressività chitarristica che caratterizza brani come la title track o Wheels of Terror è mutuata direttamente dal Thrash Metal, e in particolare dai Megadeth. Un po’ come se un qualunque sessantenne di oggi cercasse di atteggiarsi a ventenne, presentandosi però vestito da paninaro. L’avvertimento del contrario di Pirandelliana memoria è dietro l’angolo.