Da bravi artigiani del metallo, gli Ufomammut, anno dopo anno, forgiando e cesellando il proprio suono in maniera sempre più unica e rara, si sono ritagliati una nicchia di mercato, una fetta di pubblico, che anche se questo non li ha resi un gruppo noto a livello di mainstream ha comunque garantito loro un rispetto indiscusso nel proprio settore sia a livello nazionale che internazionale. Urlo, Poia e Vita hanno dato origine ad uno sludge metal sperimentale e psichedelico, infarcito di synth e voci effettate. Lunghe cavalcate potenti e monolitiche che sfondano la cassa toracica dell’ascoltatore fino a penetrare la sua anima esattamente come un ariete si abbatte, inarrestabile e ossessivo, contro i bastioni di un maniero. Oro Opus Primum, palindromo il cui significato si trova a metà fra il prezioso metallo e il gesto della preghiera, è la prima parte del loro sesto album (la seconda sarà Oro Opus Alter). L’intera opera è composta da 10 capitoli, qui ne troviamo solamente 5. Cinque galoppate doom che superano tutte la lunghezza di sette minuti. Si parte con i feedback e l’elettronica immaginifica, molto ambient, di ‘Empireum’ che pian piano vengono arricchiti di riff graffianti, una batteria martellante, e voci provenienti dall’oltretomba. Passando attraverso l’aggressività, il ritmo e la velocità di ‘Infearnatural’ arriviamo all’esplosione di rabbia finale, caratterizzata da un growl indemoniato, denominata ‘Mindomine’. Durante tutto il percorso non si perdono mai le atmosfere epiche, inquietanti e misteriose, comunque ansiogene che potrebbero perfettamente fungere da colonna sonora di un horror dall’ambientazione medievale con un ipotetica regia di Cristopher Nolan e la produzione di Quentin Tarantino.