Eccolo qui il disco dei prime mover della scena hard rock/doom scandinava, l’attesissimo Legend: il lavoro in questione – seguito dell’ormai lontano The Alchemist, uscito nel 2007 – è stato caricato di innumerevoli aspettative (anche, bisogna dirlo, create ad arte dall’entourage della band stessa) per il suo dichiarato intento di farsi capofila di un nuova ondata Hard Rock europea. Al gruppo capitanato da Magnus Pelander non manca l’ambizione né la sicurezza nei propri mezzi per farsi portatori di un simile fardello. Dunque, alla luce di tutto ciò, che valore bisogna attribuire al disco? I primi ascolti non hanno lasciato una buona impressione: suono indirizzato verso le classiche coordinate Zeppelin/Sabbath, l’elemento doom notevolmente ridimensionato nell’economia del sound (così come la psichedelia ed il folk) in favore di un piglio pericolosamente ruffiano e piacione. Indubbiamente questo è il disco metal da far ascoltare a chi il metal non lo apprezza in maniera particolare: la testa di ponte è rappresentata dalla bella voce melodica di Pelander e da un approccio abbastanza “mansueto” alla materia, privo quindi di soluzioni estreme ed indigeste. Legend però ha il notevole merito di crescere ascolto dopo ascolto e l’iniziale diffidenza si trasforma ben presto in apprezzamento per le buone scelte melodiche che rendono pezzi come It’s Not Because Of You, An Alternative To Freedom e Democracy un efficace cortocircuito musicale tra mood prepotentemente Seventies ed un taglio moderno alla Porcupine Tree/Katatonia. Le concessioni ai fans più “duri e puri” sono rappresentate dall’iniziale Deconstruction, quasi un outtake di Sabotage dei Black Sabbath, e dai riff doom e cupi della drammatica White Light Suicide. Il resto è appunto una brillante e riuscita mediazione tra Classic Hard Rock e scelte melodiche appunto più contemporanee, con il valore aggiunto dell’efficace doppietta finale Dystopia/Dead End, dove le cose si complicano, le atmosfere si fanno più intricate e tornano ad affacciarsi suggestioni acide e psych. Basta questo a consegnare il tanto agognato scettro di re del genere agli svedesi? Sarà il tempo a dirlo, noi intanto godiamoci un disco indiscutibilmente buono.
Magnus Pelander: vocals and guitar
Simon Solomon: lead guitar and backing vocals
Tom Jondelius: lead guitar
Oscar Johansson: drums
Ola Henriksson: bass