Dopo 19, Adele Laurie Blue Adkins, in arte Adele, torna con il suo secondo full lenght, intitolato 21, affiancata da uno “squadrone” di produttori che ogni musicista vorrebbe, tra tutti Rick Rubin, un uomo capace di far risorgere progetti che parevano sull’orlo di una disfatta, dai Red Hot Chili Peppers fino ai Metallica. E ancora una volta è un lavoro di soul pop che attinge a timide ma nitide derivazioni country, sostenuto da una voce graffiata e sofferta che in pezzi come Rolling in the Deep, e Rumour Has It, pende verso Janis Joplin, sottolineando un tormento vocale regolato ad arte in un contesto gospel di derivazione sixties. In Turning Tables, si identifica la volontà di seguire l’onda fortunatissima dell’esordio, proponendo un pezzo soul, intimo ed emozionale, dove il piano accompagna i violini in un’apertura trionfale da singolo perfetto. He won’t go è il pezzo più pop del disco, e quello più vicino alle sonorità R&B. La cover di Lovesong dei Cure è presentata in versione deliziosa e minimalista, in completo stile black. L’album chiude con Someone like you, un pianoforte, la voce e tanto pathos. La maturazione dello stile di Adele è sulla strada della cristallizzazione, lo si vive pienamente nella sua composizione di spessore. Un album che conferma ogni aspettativa riposta e che facilmente si marcherà fra gli album più centrati del soul pop.