lunedì, Dicembre 23, 2024

Audiogold – Embers and theories (JAMC Records, 2011)

Non si sa quanto capiente sia ancora lo spazio per elogi, complimenti e pacche sulle spalle agli Audiogold ma, di certo, si fa un bel po’ di fatica ad immaginarne un’imminente colma. Embers and Theories è infatti l’ennesimo mediocre disco di pop-rock ben suonato, specioso e senza uno stralcio di idea originale. Nessuna variazione sul tema, nessuna singolarità, a partire da quell’inconfondibile miscela, tipicamente americana, di melodia ed armonia, di tanto in tanto vivacizzata con architetture graffianti ma mai particolarmente incisive. L’iniziale Tlights possiede, già in nuce, tutti i pregi e difetti di una scrittura povera di colpi di scena, seppur ambiziosamente concepita per essere tutt’altro. Citazioni ed emulazioni ancora più evidenti nei rimbalzi hard di Cymbalism che, se non altro, vigilano sulla nostra mai sopita anima rockettara, dannatamente messa da parte nella successiva You and I, dove le moine verso le leziosità radio-friendly si fanno davvero scostanti, orchestrazioni a parte. Amalgamata invece su un buon timbro ed una buona tecnica, la voce di Raphael Hurwitz sembra sublimarsi nelle paraboliche alternative di Traps, un dignitosissimo impasto rock-opera tra  Cheap Trick, Meat Loaf e Muse. Gli ammennicoli folk di Burn Sunlight, Hymn 171 ed Analogue ci fanno ancora venir voglia di Jeff Buckley e John Frusciante (già uscito dal gruppo) ma il dubbio forte, e che rimane tale, è che le cose migliori vengano fuori proprio quando la band londinese si persuada di aver qualcosa da dire. Get Along to you e So long to you sono infatti due ottime canzoni d‘amore, ispirate e sofferte tanto da parer tra le uniche cose davvero credibili. Non è proprio facile trovare soluzioni attraenti in un genere che non ama grandi sconvolgimenti. A manleva di una verve e di un entusiasmo davvero encomiabili, gli Audiogold tentano tuttavia di ripercorrere gesta ambiziose ed assai procaci e, seppur con esiti parecchio altalenanti, riescono comunque a sciorinare qualche buono spunto. Che sia solo un peccato di gioventù? Bisognerà aspettare per scoprirlo. Per adesso ci consoli il fatto che Nutini, Dennen o Ruarri Joseph riescano a dire le stesse cose in maniera decisamente diversa. Assolutamente!

 

Francesco Cipriano
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Francesco Cipriano classe 1975, suona da molto tempo e scrive di musica.

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