Nuovo album per l’ex Scissor Girls (ex AZ, ex Bride of No No); il quinto da quando, accasatasi presso Drag City, dismessi gli abiti dell’agitatrice art-punk, ha imboccato la via di un croonerismo indie nostalgico e disincantato, che guarda a Bowie, così come a Paul McCartney (Finale).
Rispetto all’ultimo, bellissimo, Disturbing The Air, il suono di Year è tornato ad essere (di poco) meno scarno. I brani, ancora condotti dalle note del piano, godono di arrangiamenti più corposi e di strutture complesse che portano dentro i cromosomi di quella Chicago post che ne ha visto muovere i primi passi.
Opening, che programmaticamente apre l’album, è un Elton John in tailleur che incontra i Mercury Rev di Deserter’s Songs e Forgetting gli va dietro, con i suoi accenti di chitarra elettrica, i suoi delay ed i suoi uuu!. Un glam pop 70 che a lustrini e paillettes, ha sostituito le foglie morte e s’è fatto compassato e trattenuto, pur se disteso su canzoni dallo sviluppo sempre inaspettato. Come Passengers che tra pieni e vuoti, saliscendi di piano e fraseggi di chitarra, arriva a citare i Queen o It’s Understanding che trasporta via e commuove, con la sua pioggia di note, per poi spegnersi come per inerzia. Perché Year, ha quasi la natura della raccolta di bozzetti, appunti, annotazioni che si aprono e chiudono in pochi minuti, lasciando un senso di sospensione ed attesa. Così anche per Out & Around, che, dopo un incipit tenue per piano e voce, impenna in un rock marziale che scivola di colpo nel silenzio.
In Something That Happened, il brano più lungo del disco, invece, i trascorsi free vengono rievocati in un dub raggae trasfigurato, che assume col trascorrere dei minuti, i connotati di una ballata pianistica, prima, e di un ambient industriale cinematica ed ansiogena, poi. Quasi una sintesi di tutte le possibili declinazioni espressive della sua musica. Chiusura circolare, con Closing, che riprende le armonie dell’iniziale Opening per aprirle ad un’ariosa grandeur classic rock.
Su tutto si spande la sua voce, dall’estensione vocale minima ma intensa; atipica, nel far convergere su questi registri Patti Smith e Thalia Zedek, Nico e Joni Mitchell, toccando corde malinconiche, e suscitando emozioni come la musica d’oggi difficilmente riesce ancora a fare. Breve, autunnale, tormentato e bellissimo.